Arcore, dal sud Sudan al carcere: «Così i volontari mi hanno ridato speranza»

Si è parlato di carcere agli incontri per la Quaresima della comunità parrocchiale. Duecento persone hanno ascoltato la testimonianza di Junior Sad, profugo del sud Sudan finito in carcere perchè clandestino, aiutato dai volontari di “Incontro e presenza” che operano a San Vittore, Bollate e Opera
Da sinistra Emanuele Pedrolli, Junior Sad, Martino Cervo, Mirella Bocchini
Da sinistra Emanuele Pedrolli, Junior Sad, Martino Cervo, Mirella Bocchini

Sovraffollamento, risse e suicidi, carenza di servizi, soprattutto sanitari, carenza di guardie. La fotografia, ricorrente sui media, delle carceri italiane non rende onore alla verità intera. La galera, infatti, pur negli evidenti deficit, è anche un luogo di redenzione.

Grazie a degli incontri speciali. Le duecento persone che hanno affollato le scuderie di Villa Borromeo ad Arcore venerdì sera, 18 marzo, lo hanno potuto ascoltare in modo diretto da chi dal carcere ci è passato e da chi ci va ogni giorno, come volontario, per visitare i carcerati. Una serata, la terza, dedicata alla quaresima, voluta dalla comunità parrocchiale. Il saluto del parroco don Giandomenico Colombo e poi la parola ai relatori: Junior Sad, 37 anni, del sud Sudan, Mirella Bocchini e Emanuele Pedrolli, rispettivamente fondatrice e direttore della associazione Incontro e presenza (un centinaio di volontari che aiuta i detenuti di San Vittore, Opera e Bollate), e il direttore del Cittadino, Martino Cervo, nelle vesti di moderatore.

Drammatico e commovente l’intervento di Sad. “Sono cristiano, nato da una famiglia cristiana. Quando avevo 5 anni nel mio paese è iniziato il disastro”. Una nazione scossa da guerre civili e segnata dalla persecuzione dei cristiani da parte dei musulmani. “Hanno ucciso mio padre che ha voluto rimanere e, quando ero già in Italia, hanno ucciso anche mio fratello. Io sono scappato”. Junior è arrivato in Italia nel 2005. Ha chiesto asilo politico ma gli è stato negato lo stato di rifugiato. Ha bussato anche alle porte dei governi di altri paesi europei, Norvegia, Spagna. Ma lo hanno rimbalzato in Italia, il primo paese dove era arrivato. Alla fine è finito in carcere, a Padova, per reato di clandestinità. “Ho fatto lo sciopero della fame e della sete per quattro mesi: all’inizio pesavo 95 chili, ero arrivato a 38. Dicevo al magistrato: ‘lasciami morire in carcere’. Ero deluso e disperato: ero arrivato in Italia perché è un paese cristiano … mi aspettavo accoglienza. Poi sono stato trasferito a Opera”. E qui è avvenuto l’incontro decisivo con i volontari della associazione Incontro e presenza.

“Mi hanno accettato e voluto bene come a un fratello, come se mi conoscessero da anni. Ho trovato in loro una famiglia, mi hanno salvato la vita”. E alla domanda sulla fede in quei momenti bui risponde così: “Davanti a ogni difficoltà prega e Gesù non ti lascerà mai. Magari il miracolo non avviene subito, ma avviene. Se tu sei convinto dentro di te prega, Dio non dorme mai”.

“Guido Brambilla, magistrato di sorveglianza del tribunale di Milano – spiega la dinamica Mirella Bocchini – ce lo ha segnalato e siamo riusciti a tirarlo fuori dal carcere. Ora fa lavoretti –è bravo a fare tutto – e sta studiando: a giugno sosterrà gli esami di terza media e ha intenzione di continuare a studiare. Vive in una casa che gli abbiamo trovato e fa anche il volontario in parrocchia”.

Mirella Bocchini è un fiume in piena. Racconta della sua vita per arrivare a parlare della associazione, genesi e finalità.”Avevo 8 anni quando mi spiegarono le opere di misericordia. Io scelsi di dedicarmi ‘da grande’ alla sesta: visitare i carcerati”. L’incontro con don Luigi Giussani e la vita del movimento di Comunione e Liberazione la salvano dalla caduta nel nichilismo. Ma prima di arrivare alla associazione si sono susseguiti anni “di frontiera”, l’insegnamento in un istituto professionale della periferia milanese frequentato da ragazzi cosiddetti difficili che lei educa alla bellezza di arte, musica, poesia e architettura. Consigliere comunale a Milano per la Dc dal 1985 al 1990 ha lavorato nella commissione diritti civili. Nell’86 ha fatto nascere Incontro e presenza, raccogliendo volontari che offrono sostegno morale e materiale e detenuti, ex detenuti e alle loro famiglie.

“Tutto cominciò da alcuni incontri con detenuti ex terroristi, che avevano fatto parte di Prima linea. Mi dissero chiaramente che non gliene fregava nulla il fatto che fossi di Cl. “A noi basta che tu sei qui”. Cominciammo a vederci e parlarci della vita per sei mesi. Loro riconoscevano di avere fatto incontri che li hanno segnati e portati a compiere scelte che ora giudicano sbagliate. Il desiderio di felicità alberga identico in ogni uomo: ecco, ci siamo riconosciuti su questo”. Dopo quei sei mesi nacque l’associazione, giunta al trentesimo anno di vita. (Informazioni al sito: http://www.incontroepresenza.org/).

“Lo scopo è quello di incontrare l’essere umano detenuto e vivere con lui o con lei una presenza reciproca. Se uno mette in gioco se stesso e la frequentazione dura per un po’ di tempo, accade qualcosa. Accade l’avvenimento di Cristo. Ho visto gente di 40 o 50 anni, con sulle spalle anche più di un ergastolo, pentirsi del male fatto e voler cambiare vita”.

Le fa eco Emanuele Pedrolli: “Noi non offriamo servizi, siamo lì, io sono lì con i carcerati per crescere. Ci sono molte cose da imparare da loro”. E racconta una storia molto particolare, quella di Ivan, un transessuale, un non credente nel braccio speciale di San Vittore, che ha pregato per sua figlia, cui avevano diagnosticato una grave malattia, perché nascesse sana. Cosa poi avvenuta. Sorprendente il commento: “Il miracolo non era quello della nascita sana, ma che io, volontario, mi sono accorto della presenza di Cristo attraverso Ivan”.