Era una delle più attese della ginnastica artistica e di tutte le olimpiadi: quanti ori avrebbe vinto? Quali difficoltà avrebbe presentato? Oltre quali limiti della gravità si sarebbe spinta? Simone Biles ha risposto sorprendendo tutti: si è fermata. Si è ascoltata e ha detto stop.
Come la tennista Naomi Osaka, rimanendo a Tokyo nell’anno 2020, o la Divina Federica Pellegrini facendo un salto nel 2008 quando un problema fisico (poi diagnosticato e risolto) aveva scatenato un problema di ansia. O anche il ciclista Tom Dumoulin, vincitore di un Giro d’Italia, all’inizio dell’anno.
Ventiquattro anni, quattro vittorie e un bronzo a Rio 2016 e il record di medaglie mondiali conquistate, Biles si è ritirata dalla finale a squadre di Tokyo 2020 dopo un’entrata in scena con errore al volteggio: “infortunio muscolare” è stata la prima motivazione quando l’atleta nelle rotazioni successive non ha svestito la tuta. “Stress psicologico” ha fatto chiarezza lei dopo aver raggiunto gli spogliatoi: “Dobbiamo proteggere la nostra mente e il nostro corpo piuttosto che fare ciò che il mondo si aspetta da noi”.
Non del tutto inaspettato. Non era stata perfetta già nelle qualificazioni e un errore al corpo libero l’aveva fatta finire fuori pedana in chiusura di una delle sue esplosive diagonali. Errore, penalità e secondo posto dietro a Vanessa Ferrari, un’altra che a 30 anni ha combattuto contro diversi infortuni che avrebbero potuto fermarla molto tempo prima.
”Non è stata una giornata facile o la mia migliore, ma l’ho superata – aveva scritto Biles sui social dopo le qualificazioni – A volte mi sento davvero come se avessi il peso del mondo sulle spalle. So che lo spazzo via e faccio sembrare che la pressione non mi colpisca, ma dannazione a volte è difficile. Le olimpiadi non sono uno scherzo”.
Poi martedì l’appuntamento con la finale e l’errore al primo salto al volteggio: “Dopo la prestazione che ho fatto, non volevo continuare – ha detto nella conferenza stampa per la medaglia d’argento vinta dagli Stati Uniti – No, nessun infortunio, solo una piccola ferita al mio orgoglio. Se proseguirò qui a Tokyo? Vedremo verso giovedì”. Che è il giorno della finale individuale dell’all around.
“Viviamo un giorno alla volta, poi vediamo cosa succede. Voglio concentrarmi sul mio benessere, c’è di più nella vita che la palestra. È un peccato che questo accada qui, durante i Giochi, avrei preferito che queste Olimpiadi fossero migliori per me. Non appena metto piede sul tappeto siamo solo io e la mia testa ed ho a che fare con i demoni… Devo fare ciò che è giusto per me e devo concentrarmi sulla mia sanità mentale. Penso solo che il problema della salute mentale sia più diffuso nello sport in questo momento, non è che puoi mettere tutto da parte, devi anche concentrarti su te stesso, perché in fin dei conti anche noi siamo umani. Sento che non mi sto divertendo più come prima”.
Guerriera sulla pedana come nella vita – Biles non ha mai conosciuto il genitori e ha subito molestie dal medico della nazionale Usa, poi condannato – la ginnasta ha avuto il coraggio di fare il primo passo per guardare in faccia quei demoni che le hanno tolto la bellezza del suo sport.
Come Naomi Osaka, numero 2 del ranking: al Roland Garros di Parigi aveva annunciato il ritiro per evitare la troppa pressione imposta dalle domande dei giornalisti. Alle olimpiadi in casa, dopo aver acceso il braciere come ultima tedofora nella cerimonia di apertura, è stata eliminata al terzo turno ed è stata molto dura con se stessa. E anche in questo caso la passione sembra davvero lontana.