«Ai giovani dico di fare lo sport per cui si sentono maggiormente portati. Ai genitori di stare a casa e di lasciare che i propri figli si divertano». Fabio Capello, classe 1946, goriziano di Pieris, oggi residente in Svizzera, uno degli allenatori più vincenti ed apprezzati nella storia del calcio italiano, dopo essere stato in precedenza un centrocampista di ottimo livello, ha chiosato così venerdì 21 febbraio, ne L’Auditorium di piazza Risorgimento a Seregno, l’incontro sul tema “Io li ho allenati”, proposto dall’amministrazione comunale. L’ex tecnico di Milan, Roma, Juventus e Real Madrid ed ex commissario tecnico di Inghilterra e Russia si è raccontato di fronte a quattrocento persone, rispondendo alle domande di Maurizio Losa, già vicedirettore di Rai Sport e presidente del comitato organizzatore di Seregno città europea dello sport, nel cui alveo la serata rientrava.
“Io li ho allenati”: il ricordo dello storico successo con un suo gol a Wembley

«Mi piace iniziare dalla vittoria a Wembley con la nazionale -ha spiegato in apertura Capello, ricordando uno storico successo sull’Inghilterra nel 1973, firmato da un suo gol-. I giornali inglesi scrissero che allo stadio sarebbero stati presenti 20mila camerieri, riferendosi ai nostri connazionali che lavoravano lì. Ed io proprio a questi 20mila camerieri dedicai l’affermazione». Il focus si è spostato quindi sulla parabola da allenatore: «Ho cominciato nel settore giovanile del Milan, dove ho lavorato per 5 anni. Ed è stata un’esperienza meravigliosa. Sbagliano quei giocatori, come ha fatto Andrea Pirlo con la Juventus, che una volta terminata la carriera in campo debuttano subito con una prima squadra, perché non possono essere pronti. Si tratta di mestieri completamente differenti». Nel settore giovanile rossonero, Capello ha cresciuto quattro ragazzi che ha poi incontrato a livelli più alti, come Paolo Maldini, Filippo Galli, Demetrio Albertini e Billy Costacurta: «Quando Nils Liedholm convocò Paolo Maldini per la trasferta di Udine, in cui lo fece esordire, pensai che non fosse ancora pronto. Invece, lui entrò e, di fatto, non è mai più uscito. Il Barone aveva visto più lungo di me».
“Io li ho allenati”: la gratitudine per il milanista Silvio Berlusconi
Sugli anni con il Milan, acclarata la riconoscenza a Silvio Berlusconi, «al quale devo tutto e per questa gratitudine lasciai il Real Madrid per tornare, dopo la mia prima esperienza in Spagna», Capello ha svelato altri aneddoti: «Ho avuto a disposizione Carlo Ancelotti quando era a fine carriera. Le sue ginocchia erano ridotte male, come le mie, ma si vedeva che era un leader e che sapeva stare in campo. Se immaginavo che sarebbe diventato un grande allenatore? Beh, i centrocampisti hanno più visione di gioco, rispetto agli altri…». Ed ancora: «A Marco Van Basten mi lega la mia più grande tristezza. Tentammo di tutto per convincerlo a non operarsi alla caviglia. Dopo, ci ritrovammo un cigno zoppo, anche se ogni tanto, quando stava bene, riusciva ancora a volare. Era tecnico, veloce, sapeva smarcarsi, aveva visione di gioco…». L’attenzione si è spostata quindi su Roberto Baggio: «Anche lui aveva le ginocchia distrutte. Ma, nella mia classifica dei giocatori italiani più forti, è secondo solo a Gianni Rivera».
“Io li ho allenati”: Totti, Cassano, De Rossi e gli anni alla Roma
Passando al periodo trascorso alla Roma, Capello ha parlato del capitano Francesco Totti: «Aveva una grande visione di gioco e personalità. Non era solo un uomo da area di rigore. È un ragazzo a posto, mai presuntuoso. La sua condanna, da romano, è che era talmente amato che quasi non poteva uscire di casa e viveva da recluso». Curiosità ha registrato l’approfondimento su Antonio Cassano: «Negli ultimi venticinque metri, era addirittura più forte di Totti. Ma dipendeva sempre da come si svegliava. Era ingestibile: gli dicevi qualcosa, ti rispondeva sì e, dopo appena cinque minuti, ricominciava a fare come prima. Ha fatto poco, perché con la sua testa ha voluto fare poco». Completamente differente è stato il giudizio su Daniele De Rossi: «Pensavo che Alberto Aquilani fosse più bravo di lui e lo feci debuttare in Coppa Italia. Mi accorsi che non riusciva a fare ciò che mi aspettavo. Lo stimolai nell’intervallo, ma dopo un quarto d’ora della ripresa la situazione non era cambiata. Feci entrare Daniele e lui, subito, cominciò ad esprimersi con sicurezza». Qui, alla domanda di Losa se si sia rivisto come giocatore in De Rossi, con l’incidere a testa alta e la capacità di calciare con entrambi i piedi, Capello ha confidato con un sorriso: «Un po’ sì…».
“Io li ho allenati”: il periodo juventino e la rivendicazione dei successi cancellati
Il focus sul biennio juventino ha visto l’ex tecnico rivendicare i due scudetti vinti sul campo, poi cancellati dalle sentenze per il processo sportivo di Calciopoli. Per quanto riguarda i giocatori, invece, l’opinione su Gianluigi Buffon è stata lapidaria: «Un grande portiere. Non ne ho mai avuto uno come lui. Dopo il mondiale del 2006, avrebbe meritato il pallone d’oro». Riconoscimento che, prima, aveva invocato anche per i milanisti Franco Baresi e Paolo Maldini. «Ringrazio l’Inter per averci venduto Fabio Cannavaro -ha poi aggiunto-. Un ragazzo serio, bravo, preparato, capace di dare sempre il 100 per cento». Qualcosa con Alessandro Del Piero, invece, non è filata per il verso giusto: «Non aveva più la velocità di un tempo e lo sostituivo spesso. Reputavo altri migliori per fare risultato. Ma nulla di personale: oggi, quando ci incontriamo a Sky, ridiamo e scherziamo». Tra gli altri reputati migliori, c’era Zlatan Ibrahimovic: «Con lui il lavoro è stato lungo. Ha avuto il merito di seguire i miei insegnamenti. Per fargli capire come muoversi in area, gli ho fatto vedere le videocassette di Marco Van Basten».
“Io li ho allenati”: le stoccate a Ronaldo ed Owen
Sulle esperienze a Madrid e con l’Inghilterra, Capello ha infine vergato altri giudizi. «Al Real -ha spiegato-, prendemmo un Clarence Seedorf diciottenne. Credevo nelle sue potenzialità. Lui era convinto di saper fare tutto. Una volta, in un intervallo, lasciò terminare un mio intervento, poi alzò la mano e suggerì cosa avremmo dovuto fare. Gli diedi la giacca ed uscii, nominandolo nuovo allenatore…». Sferzanti sono state le opinioni su Ronaldo e Michael Owen: «Ronaldo il fenomeno era un leader negativo. Pesava 94 chilogrammi e non voleva calare. Organizzava una festa dietro l’altra, invitando i compagni di squadra. Così, capitava di fare allenamenti con metà organico alticcio. Owen, quando sono diventato commissario tecnico dell’Inghilterra, era ormai alla frutta».
“Io li ho allenati”: il papà, la moglie ed il ruolo da genitore
L’ampio excursus ha consentito all’attuale opinionista di Sky di raccontare qualche episodio familiare. «Mio papà Guerrino è stato per me fondamentale -ha sottolineato-. Era un maestro elementare, scampato all’esperienza nei campi di concentramento durante la seconda guerra mondiale. Quando ero a Ferrara, capì che non volevo proseguire gli studi e venne per incoraggiarmi. Il suo “provaci” mi accompagna ancora oggi». Nuovamente sul ruolo dei genitori, Capello ha infine svelato come l’ha interpretato in prima persona: «Ho abitato per 24 anni a Legnano. Mio figlio ha giocato nelle giovanili del Legnano. Non sono mai andato a vederlo: non volevo che si dicesse che giocava perché era il figlio di Capello. Ho derogato solo una volta, su richiesta di mia moglie. Tornati a casa, lei mi chiese che impressione avessi avuto. “È meglio che pensi a studiare” le risposi… Anni dopo, il suo allenatore dell’epoca si è comunque scusato con me. Lo impiegava poco, avendo paura che gli rimproverassero di farlo giocare appunto perché era mio figlio».