Quei presidenti venuti da lontano Monza-Venezia sarà Brasile-Russia

Il primo è Anthony Armstrong Emery, che si è comprato il Monza, l’altro Yury Korablin, che nel 2011 ha preso il Venezia. Un’altra prospettiva per la finale di calcio play off di domenica. Con un precedente immaginario e reale: giugno 1994, Mondiali degli Stati Uniti. Ecco com’è andata.
Anthony Armstrong Emery, presidente del Monza
Anthony Armstrong Emery, presidente del Monza

D’accordo: Monza-Venezia per giocarsi il passaggio alla Lega Pro prima divisione. Il match di andata domenica 9 giugno, quello di ritorno sette giorni dopo. Ma c’è di più, almeno a mettere sul campo anche un po’ di fantasia. C’è la sfida tra due imprenditori del calcio che arrivano dagli angoli opposti del mondo: il brasiliano (anglo-brasiliano, d’accordo) che indossa il biancorosso monzese e il russo che due anni fa si è invece messo sulle spalle la squadra lagunare.

Il primo, ormai si sa, è Anthony Armstrong Emery, che da un mese e spicci si è comprato il Monza, l’altro Yury Korablin, «capofila di una serie di imprenditori ed investitori internazionali», si legge sul sito ufficiale del Foot Ball club Unione Venezia, la cui «passione per il calcio e l’amore che da sempre nutre per la città di Venezia, l’hanno portato in laguna con l’ambizione di proporre la città di Venezia all’attenzione nazionale ed internazionale in ambito calcistico».

E allora giochiamola così: Brasile-Russia. Che a parte l’amichevole dello scorso marzo in cui il nuovo allenatore russo (Fabio Capello) ha rischiato di portarsi una vittoria inaspettata fino allo scadere, quando Fred ha pareggiato per i verdeoro, per trovare un confronto di un qualche peso bisogna fare un tuffo all’indietro di vent’anni, nel 1994 dei Mondiali giocati negli Stati Uniti. Allora la Russia metteva in campo nomi così (magari qualcuno se ne ricorda): Čerčesov, Kuznecov, Harlukovič, Galjamin, Nykyforov, Ternavskij, Pjatnickij, Popov, Salenko, Karpin, Besčastnych,Tetradze, Borodjuk, Korneev, Radčenko, Charin, Cymbalar, Onopko, Mostovoj, Ledjachov, Chlestov, Juran. L’allenatore era Sadyrin. Forse va meglio con il Brasile (è un eufemismo): Taffarel, Jorginho, Ricardo Rocha, Ronaldão, Mauro Silva, Branco, Bebeto, Dunga, Zinho, Raí, Romário, Zetti, Aldair, Cafu, Márcio Santos, Leonardo, Mazinho, Paulo Sérgio, Müller, Ronaldo, Viola, Gilmar. In panchina Parreira.

Va meglio anche perché quei mondiali di calcio, alla fine, il Brasile li ha vinti, battendo in finale – ahinoi – l’Italia di Sacchi: proprio per quel rigore lì, quello che il buddista l’ha svirgulà (se volete soffrire ancora un po’, guardate qui). Qualche settimana prima di quel terribile 17 luglio, Brasile e Russia si erano confrontate nei gironi di qualificazione alla fase finale (poi la Russia non è andata oltre): il 20 giugno, a San Francisco davanti a più di 80mila spettatori, prima Romario e poi Raì su rigore tra primo e secondo tempo avevano messo a tacere gli avversari (la sintesi qui, anche per distrarre la mente dal rigore di Baggio).

E allora sì. Con tutti gli scongiuri possibili, dalle parti di San Gerardo fa bene pensarla così, una Italia-Russia per palati cittadini e non internazionali. Con buona pace di San Marco.