Serafino Novati e Tullio Marcotti spendono gli ultimi spiccioli di boxeur dilettanti esibendosi nel ring improvvisato del Cinema Impero: dal prossimo 1° gennaio ‘961, i due portacolori dell’Associazione pugilistica seregnese passeranno di grado divenendo – in tutti gli effetti – professionisti. Per la serata di commiato, gli organizzatori dell’A.p.s. apparecchiano sostanzioso confronto tra le selezioni di Lombardia e Toscana, ospite d’onore il campione del mondo Duilio Loi. Nonostante la comunanza di casacca, Novati e Marcotti sono – nella vita e nella boxe – inversamente proporzionali come il giorno e la notte. Il poulain di Ernesto Formenti avrebbe tutto per sfondare nei “pro”: devastante potenza, fondamentali di prim’ordine, consumata freddezza nei round che contano davvero. Peccato che – al dunque – il mattissimo peso medio preferisca di molto al sudore le comode scorciatoie del divertimento, tanto che i tecnici federali – imbufaliti – non lo hanno addirittura chiamato per le selezioni preolimpioniche: pensasse a fare una vita d’atleta, il signorino, piuttosto che sprecare il talento riconosciuto rincorrendo compiacenti sottane.
In effetti, Novati – battuto pure il campione italiano Truppi – dissipa le stimmate del campione rimediando magre paurose, fiaccato da bagordi e stravizi di ogni genere. Delle mattane del buon Serafino si avvantaggia di molto l’emiliano Marcotti. Eversore – tra l’altro – di Sala, Sciacqua, Odelli, Concardi e Galmozzi, il biondo welter pesante fa vita d’atleta senza sgarrare un allenamento. I risultati parlano per lui: la sua boxe sobria ed essenziale esalta al meglio la secchezza del destro, sovente esiziale per l’avversario di turno. La serata all’Impero finisce con la schiacciante vittoria della selezione lombarda (15-5): se Marcotti si sbarazza – ai punti – di Persiani, Novati non riesce a spuntarla con il livornese Guzzo, pur mo’ selezionato per i collegiali di Orvieto. Il verdetto di parità lascia l’amaro in bocca a Serafino per cinque minuti: poi, passata la buriana, l’impenitente viveur si consola andando in balera a rimorchiare.
Passati da un pezzo i giorni grandi, il Seregno retrocede addirittura in Promozione dopo la devastante stagione ‘952-’53 in Quarta serie: due anni dopo, i decaduti azzurri battagliano sul campo con la seconda squadra del Simmenthal Monza. La riforma dei campionati minori assegna al Seregno il dubbio privilegio di disputare il torneo Interregionale di seconda categoria (‘956-’57); vinto il campionato ‘957-’58, la squadra brianzola rinuncia a salire in serie C stante la disastrosa situazione finanziaria delle casse sociali. Nel campionato ‘959-’60, complice il solito riordino delle categorie dei dilettanti, il torneo Interregionale di seconda categoria evolve in serie D: mutata la ragione sociale, il Seregno Fbc 1913 si classifica all’ottavo posto finale, dietro pure il Lilion Snia Varedo. Aldo Dell’Orto si sobbarca la gramissima stagione delle vacche magre con una passione inversamente proporzionale ai risultati ottenuti, coadiuvato – nel vuoto pneumatico intorno – da Cesare Durioni, Giulio Meroni e i fratelli Giussani.
La Seregno ciclistica vive delle isolate prodezze di Tiziano Confalonieri, portacolori dell’Csi. La sensazionale novità che mette a soqquadro il mondo piccolo dello sport seregnese rimbalza nelle ultime settimane di aprile: “Il Giro d’Italia per la prima volta nella nostra città – La partenza della “Crono-Brianza” dall’interno della Italsilva” titola a nove colonne il Cittadino di sabato 7 maggio. “Confessiamo di essere stati alquanto scettici quando ci fu data per la prima volta la notizia, quasi sicura, della partenza di una tappa del Giro d’Italia dalla nostra città – si infervora a giusta ragione Giuseppe Meroni – Ci venne da sorridere. Poi, alcuni giorni dopo, la conferma di quanto avevamo appreso. Dunque, per la prima volta nella lunghissima storia del Giro ciclistico d’Italia, una tappa, e per di più una delle tappe più attese, e cioè la “Crono-Brianza”, partirà da Seregno”. A contorno, in corsivo, il commento non firmato titolato “Insostituibile il binomio industria-sport”: “Quante volte non abbiamo desiderato di ospitare almeno per un giorno, nella nostra città, la “troupe” del Giro? Pareva una cosa impossibile. Ed eccoci accontentanti!”. Dopo la Cento chilometri di marcia e il circuito degli assi di ciclismo, Ambrogio Silva aggiunge un’ennesima medaglia di una vita passata a anticipare il futuro: “La Italsilva, unica nostra industria ad occuparsi di manifestazioni sportive, ha catapultato il nome di Seregno ai primi poti nel ristretto novero della città italiane che possono vantare una nobiltà nel mondo sportivo”.
“La manifestazione è certo la più importante che Seregno abbia avuto sino ad ora, almeno di carattere sportivo – commenta il figlio Angelo – Penso che all’incirca un milione di persone faranno ala al passaggio dei corridori, e di queste duecentomila assisteranno alla partenza e alle prime pedalate degli atleti”. Il Commendatore schiva i riflettori, preferendo il lavoro alle ciance. L’unica eccezione alla regola la fa solo per Vincenzo Torriani: “Con quello che fa fatto per portare in Brianza la cronometro, meriterebbe la cittadinanza onoraria di Seregno”. Il patron della corsa in rosa si schermisce e riconosce: “Bravissima la Saponeria Italsilva che ha sfruttare al meglio il traino pubblicitario del Giro per regalare alla città un evento così importante. La tappa a cronometro sarà una “cannonata”, come mi assicura l’amico Garioni. Da questa frazione dipenderà molto il risultato finale della corsa”. Chiamato in causa, il buon Dante – promosso da poco alla Commissione organizzativa della “Gazzetta” – non si nasconde: “Erano alcuni anni che pensavo a questo e solamente ora, dopo aver raggiunto la posizione che occupo, ho potuto con molto piacere offrire a Seregno uno spettacolo che certo non sarà facile dimenticare”.
Vitale Trabattoni non sta più nella pelle: “Ho avuto dai Silva carta bianca circa i preliminari della tappa. Ho fatto preparare la pedana così detta “di lancio” da cui i corridori prenderanno il via. E’ stato transennato l’interno dello stabilimento dimodoché i corridori usciranno attraverso un corridoio sicuro da ogni eventuale incidente dovuto agli spettatori”. In più, il Comune transennerà “le vie da cui transiteranno i corridori. In totale occorreranno 1600 metri di transenne lungo via Montesanto, la parte sinistra di via Montello, la destra di via Circonvallazione, quindi il piazzale Prealpi e una parte di strada diretta a Carate. Sarà asfaltata via Montesanto tuttora in disordine. Sul percorso faranno servizio un migliaio fra vigili, poliziotti e carabinieri”. Per giunta, la sera “precedente lo svolgimento della tappa, e cioè il 1° giugno, la Fiera del Giro darà uno spettacolo su una delle piazze di Seregno”: allo spettacolo “prenderanno parte noti cantanti ed attori”. Ciliegina sulla torta, il Comitato sportivo comunale saluta “il 43° Giro d’Italia, ospite del nostro Comune grazie al mecenatismo sportivo della Ditta “Italsilva” ed alla benevolenza degli organizzatori della “Gazzetta dello Sport” (…) Un applauso particolarissimo ai “girini”, accompagnato da fervidi auguri”.
In sede in pronostico, Garioni – in una lettera del 18 maggio – dà per scontato il successo di maitre Jacques: “L’asso francese è del parere che la crono-Brianza sarà una delle decisive ai fini della classifica per due motivi: 1) la tappa provocherà distacchi molto forti: 2) potrà influire sulle seguenti tappe che saranno determinanti per la vittoria finale”. Anche Guido Carlesi, il bizzoso “Coppino” della Philco diretta da Giorgio Albani, alla vigilia della gara non ha dubbi : “Mi chiede chi vincerà il Giro? Anquetil, non ho il minimo dubbio. Il francese è in ottime condizioni ed anche in salita cammina spedito. Nella cronometro da Seregno a Lecco infliggerà a tutti distacchi sensibili. Gli avversari più temibili per il francese restano pur sempre gli stranieri. E specificatamente il sorprendente Hoevenaers e Gaul, pur se questi non mi sembra nella migliore condizione”.
I selettivi 68 chilometri della cronometro che da Seregno porta a Lecco, sbroglierà l’intricata matassa della leadership del Giro. Jacques Anquetil, metabolizzata la figuraccia della crono di Sorrento, vinta a sorpresa da Romeo Venturelli, agguanta la maglia rosa il giorno dopo e rimane capoclassifica fino alla sesta tappa, la Terni-Rimini. Sobbarcarsi la fatica di controllare la corsa non addice al fuoriclasse normanno: meglio sfilarsi dai riflettori della ribalta; meglio controllare le operazioni nell’ombra piuttosto rischiare ogni giorno la ghirba per ribadire una superiorità schiacciante. Jos Hoevenaers, capitano della Ghigi di Luciano Pezzi, si sobbarca la fatica di restare in rosa per sette frazioni consecutive. Poi – inevitabile – arriva il redde rationem. Anquetil vola alla strabiliante media di 43 chilometri l’ora, annichilendo tutti gli avversari. L’unico che tenta di resistere alla furibonda azione del normanno è Ercole Baldini: il “elettrotreno di Forlì” paga – da Rovagnate in poi – lo sforzo di impostare il ritmo-gara ricalcando le frequenze impossibili di Anquetil. L’italiano chiude con un ritardo di 1’27” dal vincitore; poi, più staccati ancora, Ronchini (3’25”), Nencini (4’26”) e Poblet (5’09”). Naufraga miseramente la maglia rosa Hoevanaers (7’05”), stracciata dall’azione dirompente del campionissimo della Fynseg.
Nel clima di festa paesana per la cronometro, sopraggiunge squassante la disgrazia. Falciati dalla macchina dell’organizzazione, muoiono sul colpo Augusto Colombo, di sei anni, e Gianni Lomazzi, di otto. “La sciagura è avvenuta quando si attendevano sulla strada i corridori più famosi, verso le 15. Fra questa folla erano i due bambini che, di lì a pochi istanti, sarebbero morti straziati sotto le ruote di un’automobile. I due bambini erano accanto ai loro genitori, scalpitavano tentando ad ogni momento di divincolarsi dalla mano del padre o della madre che li costringevano a non muoversi – ricorda il “Corriere d’Informazione” di giovedì 2 giugno – Tutto è avvenuto in un attimo: Augusto Colombo e Gianni Lomazzi sono sfuggiti ai genitori, si sono corsi incontro. In quell’attimo sopraggiungeva la automobile del direttore dell’organizzazione del Giro, Vincenzo Torriani”. Il patron “stava ispezionando il percorso, in piedi nell’automobile – una 2100 color paglierino –guidata da un uomo abile ed esperto. Il rapporto della Polizia stradale dice che la velocità dell’auto di Torriani non era forte: sui sessanta all’ora, pare. I due bambini, quasi correndosi incontro, si sono fermati all’improvviso, smarriti, impauri al centro della strada. L’auto di Torriani li ha travolti, insieme. Inutile è stata la disperata frenata, inutile l’accorrere del medico. Inutile il pianto delle mamme dei due bimbi, inutile il cupo dolore del padre. I due bambini sono stati trasportati all’ospedale di Seregno: troppo tardi. Erano già morti”.
Seregno è attonita e smarrita. Straziati per la morte dei figli, i Colombo e Lomazzi piangono lacrime brucianti: i sensi di colpa non aiutano a superare lo choc. Don Giuliano, parroco di San Salvatore, cerca di alleviare le sofferenze dei genitori: “Due gigli sono fioriti sull’asfalto, due stelle nuove si sono accesi in cielo. I vostri bimbi di lassù vi guardano, ed aspettano che nuovamente spunti il sorriso sul vostro viso, de rinasca la serenità nel vostro cuore perché essi sono al sicuro presso il Padre, quello ch’essi hanno imparato a chiamare così e ad amare”: Augusto nei banchi dell’asilo, e Gianni nelle aule di catechismo in preparazione alla prima Comunione”. Sabato 4 giugno, si celebrano i funerali dei piccoli Augusto Colombo e Giovanni Lomazzi, “rimasti vittime della sciagura verificatasi alla partenza della tappa della crono-Brianza. Le due bare, dalla chiesa di San Salvatore, sono state accompagnate da un lungo corteo fino alla Collegiata per le esequie. Ha officiato il Prevosto Mons. Citterio”. Profondamente colpito dal dramma, Vincenzo Torriani “ha fatto erigere sulla tomba dei due amici un artistico monumento”, passabilmente brutto.