Il girone unico della serie A ha appena compiuto 90 anni, ma, nonostante gli acciacchi, gode di buona salute, come dimostra il giro di affari miliardario che promuove, diritti tv in testa. Nato il 6 ottobre 1929, ha resistito a tutto, compresi i tentativi di inquinarne la regolarità, ma proprio nei momenti peggiori (scommesse, tentativi di corruzione di arbitri e avversari, Calciopoli, illeciti di varia natura, due scudetti revocati) ha dimostrato di essere indistruttibile e di rappresentare la vera immagine del Paese, nel bene e nel male, nella capacità di produrre spettacolo e di sprofondare. La storia comincia nell’estate 1929: nelle due precedenti stagioni, con il campionato diviso in due gironi, era stata superata la ripartizione fra Nord e Sud, per privilegiare il criterio degli incroci. Questa volta la Federcalcio opera una leggera modifica del sistema di abbinamento, prendendo le prime otto squadre dei due gironi e sistemandole in un gruppo e le secondo otto nell’altro. Invece della definizione di girone, viene scelta la denominazione di serie A e serie B. Operazione riuscita, nonostante le proteste dei club più piccoli, sul piede di guerra per il timore di un pesante declassamento economico, con la contrazione degli incassi, senza il corrispettivo di una reale riduzione delle spese, data la configurazione geografica dell’Italia. In realtà il girone unico viene considerato necessario come mezzo di selezione dei reali valori e di miglioramento del gioco. E il campo confermerà questa previsione, per un progetto cominciato nel 1909 con il primo girone unico delle squadre nazionali, proseguito nel 1912 con il primo girone centro-meridionale e sfociato nel 1926 nell’inquadramento delle squadre del Sud nell’organico nazionale. La partenza del girone unico è in perfetto stile italiano: le formazioni invece che 16 diventano 18, perché Lazio e Napoli, che avrebbero dovuto contendersi il 16° posto, dopo tre sfide in parità, vengono ammesse entrambe e il 18° posto viene assegnato alla Triestina, per il patriottismo dimostrato durante l’occupazione austriaca. La partenza è in grande stile: il primo campionato è vinto dall’Ambrosiana-Inter, che fa da prologo al quinquennio della Juve, mentre la nazionale conquista il titolo mondiale del 1934. Dal 1929 a oggi, sono 63 le squadre che hanno conquistato il diritto a giocare in A, con Sassuolo, Empoli, Carpi, Casale, Legnano e Busto Arsizio le uniche città non capoluogo di provincia. Adesso si aspetta la 64ª, il Monza. L’appuntamento è per l’estate 2021, ma bisogna affrettarsi.