Il grande giorno è arrivato. Domenica 26, il Duomo di Milano farà da solenne cornice alla proclamazione della beatitudine di padre Clemente Vismara, il missionario agratese scomparso nel 1988 dopo aver trascorso 65 anni in Birmania, l’odierno Myanmar. Le celebrazioni inizieranno alle 10 e saranno trasmesse in diretta su Rai 1. Sono quasi un migliaio gli agratesi che si recheranno in piazza del Duomo per prendere parte all’evento. Ecco l’intervista a Francesca Consolini, postulatrice della causa di beatificazione di padre Vismara, inseme a padre Piero Gheddo.
Agrate – «La lezione di vita e di fede impartita da padre Clemente Vismara è che bisogna saper valorizzare tutto ciò che la vita offre di positivo, anche quando i problemi sono enormi e le difficoltà sembrano insormontabili. È su questo particolare tessuto umano che s’innestano le virtù eroiche cristiane che padre Clemente ha testimoniato». A parlare è Francesca Consolini, dallo scorso anno postulatrice della causa di canonizzazione del sacerdote agratese del Pime e anche di quella di don Serafino Morazzone.
Postulatrice professionale da oltre trent’anni, si è occupata, tra gli altri, della canonizzazione di padre Angelo Ramazzotti, fondatore del Pime, dei sulbiatesi don Mario Ciceri e di madre Laura Baraggia, di padre Carlo Salerio e di Marcello Candia, per limitarsi alla diocesi di Milano. Consolini ha seguito la causa di padre Vismara fin dal suo esordio, affiancando padre Piero Gheddo, che per anni è stato postulatore. «Padre Gheddo appartiene al Pime, conosceva personalmente padre Clemente, rappresenta la figura affettiva di riferimento di questo percorso -racconta la postulatrice- Io ho gestito la parte tecnico-giuridica del processo, ho steso la positio, ho tenuto i rapporti con la Congregazione delle Cause dei Santi e seguito l’iter di riconoscimento del miracolo».
«Tutti i missionari del Pime hanno tratti comuni che li differenziano dagli altri istituti -racconta Consolini- Sono sacerdoti diocesani e non religiosi e, soprattutto quando si parla della vecchia guardia, hanno saputo mantenere un rapporto molto stretto con il loro paese e la parrocchia al punto che la loro missione diveniva anche la missione del paese e della parrocchia. Dovevano essere un po’ avventurieri e avere un grande coraggio. Partivano per avamposti missionari da soli, con qualche suora. Significava vivere in condizioni anche spirituali difficoltose, fare la comunione magari una volta l’anno, morire soli, senza conforto e senza l’estrema unzione. Padre Vismara ha tutte le caratteristiche del missionario Pime, vissute con le sue particolarità».
Con il buon senso, « senza voler fare l’eroe», provvedendo alle necessità del mangiare e del dormire, andando a caccia, costruendosi una casa, mantenendo equilibrio e salute. «E poi con la positività, il buonumore che non è superficialità ma levità di spirito, speranza nel senso più profondo del termine. Su questo tessuto umano si sono innestate le virtù eroiche cristiane, la fede, senza la quale non avrebbe costruito e sorretto la sua missione, la speranza, la carità, grandissima verso i poveri, gli orfani, le vedove, la gente sola al mondo». È morto ‘senza mai invecchiare’. Padre Clemente diceva che si è vecchi solo quando non si è più utili, e ogni sua giornata, fino all’ultima, è stata piena di carità verso il prossimo e di progetti per il futuro.
Anna Prada