La rivoluzione di Massimo BanziE’ lui il nostro monzese dell’anno

«Arduino» è una scheda elettronica ed è un creatore di mondi. E il creatore di creatori di mondi è Massimo Banzi, 44 anni, monzese eretico: uno così, che per l'Italia e il resto del pianeta incarna la nuova frontiera delll'impresa. Ed è il personaggio dell'anno del Cittadino di Monza e Brianza.
La rivoluzione di Massimo BanziE’ lui il nostro monzese dell’anno

Monza – È facile. Basta guardare il palmo della mano per un istante e poi chiudere le dita. Quando lo si riapre sfogliandole via all’indietro, in mezzo, c’è Arduino. Ed è il mondo. Anzi, è un creatore di mondi. E il creatore di creatori di mondi è Massimo Banzi, 44 anni, monzese eretico: uno così, che per l’Italia e il resto del pianeta incarna la nuova frontiera delll’impresa. ”Made in Italy”, c’è scritto su Arduino, la sua invenzione: e poi ”with love”. È una scheda elettronica, poco più grande di una carta di credito, blu come blu era il colore di Olivetti. Il logo è un otto rovesciato, il simbolo dell’infinito, perché ci si può fare tutto, e negli occhi ha il più e il meno, i due poli: basta attaccarlo alla corrente. E l’Economist, poco tempo fa, l’ha chiamata la terza rivoluzione industriale.
Potete immaginarlo? La prima rivoluzione era quella che l’industria l’ha inventata. La seconda arriva con l’elettricità, un secolo dopo. Poi arriva la terza e per l’Economist, lì sotto, c’è Arduino: un aggeggio informatico che riporta tutto dove l’economia vive. Non in uno scambio finanziario di obbligazioni, nemmeno nella calendariale definizione del rating nazionale. È qualcosa di fisico, palpabile, si può toccare, si può perfino rompere. E l’ha creata – nome e cognome – Massimo Banzi: uno che non lo conosci e vivi lo stesso. Ma se sai chi è, e cosa ha fatto, be’, un po’ ti cambia.

Banzi è nato a Monza. Era il 1968, il 20 febbraio. Le scuole e poi l’Itis, prima nella stessa Monza, poi a Desio, quindi il Politecnico. L’ha lasciato lì per tuffarsi nel mondo dei computer che esplodeva con internet, un po’ in Italia con l’abbecedario della Rete e poi su, in Inghilterra, fino a tornare sotto le Alpi per prendere casa ad Ivrea. Lì, con qualcun altro, ha inventato Arduino. Difficile dire cos’è. Perché a farla breve non capisci quanto enorme sia. A farla lunga, non sai più di cosa parli. Mettiamola così: un computer è fatto di hardware e software. I secondi sono i programmi. I primi sono i pezzi della macchina, le schede, la memoria, i chip. Il software lo puoi comprare, ma se ne sai due cose, allora scarichi le versioni gratuite – open source, sorgente aperta, dice chi ne sa: firefox per navigare, open office per scrivere e far di calcolo, gimp per la fotografia. In genere funzionano tanto quanto quelli a pagamento e in più vanno anche meglio.
Ecco: Massimo Banzi, qualche anno fa (il 2005) ha inventato un hardware open source. Gratis o quasi. Comunque più conveniente. E migliore. L’ha battezzato Arduino perché in italiano suona un po’ come diminutivo di hardware, ma soprattutto era il bar di Ivrea in cui andava a farsi qualche aperitivo con i colleghi dell’Interaction Design Institute di Ivrea, dov’era andato a insegnare prima per qualche settimana, poi per qualche mese, alla fine per quattro anni. Dici: insegno elettronica. Poi però gli studenti hanno bisogno di trasformare le idee e l’immaginazione in cose che funzionano e le schede elettroniche nei negozi, allora come ora, costavano ancora tanto. E in più per farle andare occorreva essere più o meno ingegneri.

Allora lui si è messo a costruire una cosa che costasse poco e funzionasse facilmente. Un affare elettronico al quale, perché A più B fosse uguale a C, bastasse scrivere che A+B=C. Poi l’ha preso, messo online in modo che chiunque potesse rifarlo ovunque e a quel punto da ogni angolo del pianeta sono arrivati suggerimenti per farlo meglio di quanto non fosse. Questa è la comunità open source: non è di nessuno, è di tutti, tutti lo rendono migliore.
L’invenzione di Banzi e degli altri di Ivrea oggi è un fenomeno internazionale. in ciascuno dei cinque continenti c’è qualcuno che prende la sua architettura dal sito ufficiale (www.arduino.cc) , lo fa, lo usa. L’ultima invenzione in ordine di tempo è la stampante 3D, in grado di realizzare in una manciata di minuti oggetti fisici. «Arduino è una piattaforma fatta da una scheda elettronica, un software, un metodo di apprendimento e soprattutto una comunità – racconta lui – utilizzata in qualunque campo: design, arte, architettura, musica e scienza – è quanto mai variegato e sorprendente».

È molto difficile riuscire a rimanere aggiornati su tutte le invenzioni degli utenti di Arduino, aggiunge Banzi, perché spiegata ai minimi termini è «una piccola scheda madre che rende facile imparare a programmare dei semplici computer, i microcontrollori, il cervello di tanti oggetti di tutti i giorni, come forno a microonde, telecomandi e molto altro. Assieme alla scheda viene fornito un software per programmarla. Arduino ha sviluppato un metodo di apprendimento basato sul fare, che porta alla scoperta dei processi attraverso la sperimentazione piuttosto che dopo lunghi studi teorici». Arduino è (soprattutto) una comunità. Con un numero sempre crescente di utenti, «il sito e il forum esprimono al meglio l’entusiasmo che accompagna la scheda».

Quindi? Be’, prendete una pianta e attaccatele Botanicalls twitter, una delle migliaia di applicazioni che ne sono state fatte, e quando la pianta avrà bisogno di essere innaffiata vi arriverà una segnalazione da twitter. Oppure KickBee di Corey Menscher, «una fascia elastica con sensori in grado di percepire i movimenti di un bambino nel grembo materno e mandarli online, sui social network e semplicemente via mail». O anche AntiPaparazzi: un oggetto che rileva quando le macchine fotografiche dei paparazzi vengono puntate su di voi – casomai foste sufficientemente interessanti da suscitare le loro attenzioni – e spara una forte luce a infrarossi che genera lampi azzurri nelle foto. Ma Arduino lo usano anche al Cern e nei grandi laboratori scientifici, perché con la scheda di Banzi «sono stati realizzati molti strumenti scientifici da laboratorio che normalmente vengono commercializzati a un prezzo molto elevato». E poi ci sono i makers, i costruttori, o quelli che fanno, chiamateli come volete: una comunità internazionale di artigiani 2.0 che a New York ha organizzato una fiera che poi l’Economist, appunto, ha chiamato il cuore della terza rivoluzione industriale. «L’economia, il rapporto con gli oggetti, la condivisione, la creatività sono tutti elementi in divenire in questo percorso di trasformazione» dice ancora il monzese di Ivrea. Era prevedibile che quella scheda blu diventasse il cardine di una rivoluzione? Per Banzi no, anzi, «è stata un’intuizione felice nata da esigenze pratiche legate alla didattica dell’elettronica. L’obiettivo è stato quello di renderla semplice a persone come artisti e designer che non conoscono nulla di questo argomento e che spesso e volentieri ritengono la tecnologia e l’elettronica come materie lontane e complesse ». E invece adesso in Cile c’è un quattordicenne che con Arduino ha realizzato uno strumento di analisi dei terremoti, raccontava Banzi poche settimane fa a Wired, la rivista italiana che gli ha dedicato la copertina di novembre. Anche Nova, l’inserto tecologico del Sole 24 ore, due anni fa l’aveva selezionato in una classifica per decidere chi fosse il più grande innovatore del decennio. Lui, Steve Jobs, Arianna Huffington, John Lasseter di Pixar, Mark Zuckerberg di Facebook, Sergey Brin di Google, per esempio.

Open source non vuol dire che non sia impresa, giusto per chiarire alle orecchie brianzole. Banzi dice: «Fare soldi non è la base di tutto. Per fortuna ci sono molte altre componenti che entrano in gioco quando si inizia una nuova avventura. La cosa più importante per me e per il team è credere in ciò che si fa, tutti i giorni. In ogni caso, non ci sta andando male: Arduino è un progetto mondiale, principalmente prodotto e assemblato in Italia e dal 2005 al 2012 ha raggiunto quasi un milione di unità vendute».
Che, appunto, sono impresa. «Siano sempre più strutturati come un’azienda globale, sempre più internazionale con collaboratori in India, Cina, Brasile, Stati Uniti», la vera e unica prospettiva, quella mondiale – e se un brutto ricordo ha Banzi di Monza è proprio «quel suo essere provinciale in un Paese provinciale», dice.
Poi «Arduino cambia ogni giorno – osserva -. Ci sono sempre nuovi obiettivi da raggiungere per cambiare e per strutturarsi in modo sempre più complesso. Stiamo iniziando a proporre progetti ancora più semplici e immediati della scheda Arduino, come lo Starter Kit, per avvicinare ancora più persone a questo mondo». Perché, ha detto in un’intervista, oggi per fare un’impresa non devi più nemmeno costruirti il capannone: ti bastano un computer da 199 euro e una connessione wifi («magari rubata al vicino di casa»). E magari Arduino. Che chissà, forse un giorno farà anche monzabrianza 2.0.
Massimiliano Rossin