Monza – «Siamo in una società plurale, piena di contrasti; dobbiamo identificare l’universale che ci accomuni, che però non dobbiamo cercare nei principi e nelle idee che ciascuno ha, ma nel fatto stesso sociale che siamo insieme, e dobbiamo camminare insieme». Parole forti quelle pronunciate dal cardinale Angelo Scola giovedì sera, al Museo diocesano, agli operatori culturali. Sono arrivate, le sue parole, al termine di una serie di interventi sulla Milano di ieri e di oggi.
Sotto il quadro secentesco del Morazzone, Lotta di Giacobbe con l’angelo, si sono alternati a parlare il vicario episcopale per la cultura Franco Giulio Brambilla, il rettore delll’Università statale, Enrico Decleva, il saggista e giornalista Gianni Riotta, l’attore Giacomo Poretti e lo scrittore Ferruccio Parazzoli. Senza enfasi, ma anche senza sconti, tutti i relatori, con accenti diversi, hanno descritto una situazione critica. Parazzoli ha parlato di società «senza identità», segnata dal «nichilismo di massa», «di gente cioè che non sa chi è, non sa dove andare».
E se Milano ha avuto dei punti di riferimento in Turoldo, Giussani, il cardinal Martini, oggi questi ”fari” non si vedono. Da qui l’augurio che il nuovo arcivescovo lo diventi. E Angelo Scola è partito da qui per dare una risposta a caldo alle precise sollecitazioni, anche se il suo compito, giovedì sera, era quello di ascoltare. Citando un filosofo francese, il cardinale ha parlato della necessità di mettere «qualcosa di solido nella società». «E’ un gesto di libertà, ma la libertà deve prendere forma in un impegno a mettere qualcosa di solido. Ma questo impegno va preso insieme. Ci vuole un appassionato continuo confronto, per il bene pratico sociale. Quest’opera comune può rendere Milano un’oasi».
E l’arcivescovo è tornato col ricordo alla storia di Milano, alle grandi figure di chiesa e laici. «La Chiesa di Milano è sulla strada dell’incontro con gli uomini: spero con l’apporto di tutti di aiutare ogni uomo e ogni donna».
Antonello Sanvito