I monzesi in fila per saliresul vagone della memoria

Pensionati, studenti e famiglie hanno atteso il loro turno per salire sul vagone della memoria all'Arengario. Le storie di chi non è più tornato dai campi di sterminio, la mostra fotografica. Numerose le riflessioni scritte su un libro aperto ai piedi del vagone ferroviario
I monzesi in fila per saliresul vagone della memoria

Monza Tanti in fila, in paziente attesa, per salire sul vagone della memoria allestito all’Arengario fino a mercoledì 30 gennaio e con possibilità di visite dalle 10 alle 18. Pensionati, studenti e famiglie hanno voluto rendere omaggio alle vittime dei campi di sterminio nazisti e mantenere vivo il ricordo delle atrocità avvenute di quella fase storica. Chi è salito sul vagone ferroviario ha avuto modo di leggere e conoscere le storie di chi è stato deportato e non è più tornato. Come quella dei coniugi Alessandro Colombo e Ilda Zamorani che abitavano in via Como (oggi via Prina) a Monza, deportati ad Auschwitz il 6 dicembre e uccisi nella camere a gas all’arrivo nel lager, l’11 dicembre 1943; o come Enrico Bracesco, la cui famiglia gestiva la trattoria Santa Lucia di Monza, tra gli organizzatori dei primi scioperi nel marzo 1943, morto nel Castello di Hartheim dopo essere passato anche da Fossoli e Mauthausen. C’è anche il ricordo di Santina Pezzotta la cui famiglia abitava a San Fruttuoso. É una delle pochissime donne a essere sopravvissuta al lager di Ravensbruck dove era finita a seguito di una retata nazista avvenuta a Bergamo nel marzo 1944.