Desio – L’epigrafe al cancello e la luce del laboratorio accesa: l’ultimo omaggio a Gino Magni, fondatore della Magnafon srl, storica fabbrica di radio e televisori di Desio, in via per Cesano 98, mancato sabato 1 ottobre. A ricordarlo, con una lettera arrivata in redazione, il desiano Alberto Leoni: «Ringrazio la famiglia per aver avuto un pensiero così toccante – scrive – quello di lasciare un segno della sua inesausta voglia di lavorare e di fare».
Il lettore ricorda i suoi incontri in fabbrica con il fondatore: «Ogni volta che venivo a trovarla, mi accoglieva con un sorriso bonario e con quella voce da antica Brianza. A volte, mentre aspettavo che lei scendesse, guardavo il manifesto appeso in bacheca nell’ingresso della Ditta. Da questa fabbrica erano uscite le prime radio a transistor, i primi televisori negli anni Cinquanta e i primi tv color alla fine degli anni Settanta. In quegli oggetti c’era tanta della nostra storia, di questa Italia risollevatasi dal disastro della guerra grazie alla sua generazione, innamorata del lavoro, audace nel rischiare nuove imprese, capace di dare una qualità e una fantasia nei prodotti come, oggi, forse non vengono più richiesta perché antieconomiche».
Un gran lavoratore Gino Magni, di quelli che si sono fatti da soli: «Venivo a trovarla sempre il sabato mattina – continua Leoni – tanto sapevo di trovarla al lavoro, almeno fino mezzogiorno, nel grande laboratorio dove potevo vedere come si fabbricava un televisore. E mentre la vedevo lavorare, gravato dall’età ma imperterrito mi chiedevo cosa dovesse essere stato quando era giovane e che capacità di produrre e che occhio ai dettagli doveva avere. Perché lavorare così tanto? Per il piacere di farlo, questa è la risposta che, oggi, può apparire inaudita».
«Con lei finisce un altro pezzo di storia di Desio (…) Spero di serbare nel cuore il ricordo di quella luce accesa nel suo laboratorio stasera ma vorrei che fossero in tanti, soprattutto giovani, a vedere quella luce e a comprendere come la coscienza e il desiderio di un lavoro ben fatto non serve solo a meritare uno stipendio o un compenso ma anche e soprattutto per capire chi siamo. Sperando di esserle simile, per quanto è possibile, la saluto con una stretta di mano a nome della mia famiglia e di questi vent’anni in cui abbiamo visto il mondo attraverso i suoi televisori. Potrà sembrare poco e non lo è».