COPIA DI Lo stalker scrive pure dal carcere«Il suo obiettivo è darmi fastidio»

Monza – Le lettere di molestie partivano dal carcere. E’ questa l’incredibile verità che il padre della ragazza molestata ha raccontato in settimana. Nei tre mesi di detenzione scontati nella casa circondariale di Monza proprio dopo l’arresto per stalking, il detenuto scriveva lettere alla sua vittima che venivano regolarmente inviate alla ragazza. E il sollievo di saperlo in cella è stato vanificato. A casa ne sono arrivate sei o sette, ha raccontato il padre indignato, con i soliti sproloqui che ormai la malcapitata famiglia conosce a memoria. Promesse di matrimonio, dichiarazioni d’amore e cuoricini disegnati a mano sulle buste.

Amareggiati dall’inefficienza della legge in questi casi, i familiari delle giovane non hanno parole per commentare l’accaduto. Possibile che nessuno si sia preso la briga di verificare che il destinatario delle missive era esattamente la persona che lo aveva fatto finire in carcere? Il Ministero per le Pari Opportunità diffonde pubblicità progresso radiofoniche per esortare le donne a liberarsi di quella “prigione invisibile” e a denunciare lo stalking, ma la giovane, a soli 18 anni, vive già il senso di impotenza di fronte a quello che appare come un inaccettabile paradosso.

Testimonianza.
E lei ci prova a trattenere le lacrime. Dice la sua, integra i racconti dei suoi genitori, ma basta parlare di come si sente e gli occhi chiari si fanno lucidi.
“Mi ha fatto fare delle figuracce – racconta con un filo di vergogna che andrebbe invece addebitata al molestatore – ogni volta che mi si avvicina mi agito, come quella volta nel centro commerciale in cui ho dovuto chiamare la sorveglianza e tutti ci hanno guardato”. Ma c’è di peggio per una ragazza ancora fresca di scuola. “Non esco quasi mai da sola – spiega – perché so che se non è sotto casa, è davanti alla ditta o al parcheggio. Non ne posso più di averlo addosso. Il suo obiettivo ora sembra proprio quello di causarmi un fastidio”.
Obiettivo centrato purtroppo. La giovane non se la sente di raccontare a tutti questa brutta storia e ormai si limita a uscire con quelle due o tre amiche fidate, informate sui fatti. Per non dover dare spiegazioni e perché loro sono abituate, anche ad essere seguite. Ne risente anche il lavoro: “Se mio padre ha bisogno che vada da qualche fornitore io non ho il coraggio di uscire”.
Valeria Pinoia