Brugherio – Davanti ad una platea amica, Aldo Fumagalli, il presidente operativo di Candy group non ha voluto parlare della sua azienda e di quello che è accaduto nel corso di questa settimana. Davanti a centinaia di persone, venute ad ascoltarlo per un incontro indetto dalla Compagnia delle opere di Monza e Brianza, in vista del voto elettorale, ha raccontato la storia lontana della sua azienda. Ma anche il futuro, non molto distante, della Candy.
Preceduto dalle note della canzone di Gaber “I reduci”, Fumagalli ha tracciato la sua filosofia aziendale. «Nella provincia cinese di Sotgiu si produce il 62 percento degli elettrodomestici del mondo». La Cina è il futuro quindi. E a dire la verità Candy nei mesi scorsi ha già aperto uno stabilimento in estremo oriente: «Noi e gli scandinavi della Elettrolux abbiamo fatto di tutto per resistere, ma abbiamo dovuto piegarci alle logiche di mercato. Perché, in fondo, chi produce in Cina produce a prezzi inferiori: e tutti sono più contenti, noi europei compresi».
E l’Italia? Fumagalli ha le idee chiare: «Il nostro Paese sta perdendo competitività e potenza produttiva – ha detto senza giri di parole – nell’arco di quattro anni passerà da essere la terza nazione europea per produzione, a essere la decima e non risalirà più la classifica». Non c’è prospettiva per nessuno quindi, neanche per le imprese brianzole: «Ogni Paese deve saper fare quello che sa fare meglio. Dobbiamo chiederci quindi se vale la pena avere in Italia ancora molti operai. Per noi imprenditori, una famiglia cinese è uguale ad una famiglia italiana. Noi distribuiamo ricchezza e non possiamo fare delle differenze».
E ancora: «Non è detto che se la Candy qui in Italia perde operai, non debba distribuire un monte stipendi che sia globalmente inferiore». La logica conseguenza sarebbe quella di avere dipendenti della cosiddetta “fascia alta”, molto istruiti e molto preparati. Ma forse non sarà così: «Attualmente abbiamo il nostro headquaters qui in Italia con 400 ingegneri che danno valore aggiunto al prodotto. Con le mie parole ho voluto dire che potremmo avere 1200 ingegneri nei prossimi anni? Non è detto. Anche perché pure in questo campo le condizioni si stanno rivelando tali far emergere una forte concorrenza».
Il succo del discorso di Fumagalli è uno solo: promuovere la libertà d’impresa. «In Italia ci sono ottime leggi per il mercato del lavoro. In uscita. Un’azienda che vuole lasciare il nostro Paese è facilitata in questo compito, più che in altre nazioni». E ancora, un altro tasto dolente: le tasse. «Quella legge che molti stati europei hanno, che prevede che i profitti debbano essere tassati nei territori dove vengono prodotti, è stupida. Immaginate – ha detto rivolgendosi al pubblico – se, per le imprese, ci fosse una tassazione unica europea. Quante nuove risorse si libererebbero?».
Non è mancato anche uno sguardo alla filiera della produzione industriale italiana: «Se le grandi imprese se ne vanno, come si può pensare che la filiera dell’indotto o quella della metalmeccanica industriale sopravviva. Nel giro di pochi anni, anche i cinesi saranno in grado di fare quello che facciamo noi, anche in quel settore. Il perché semplice: le grandi aziende si sono spostate là».
Lorenzo Merignati