A Mezzago vive la storia dell’arteLa gipsoteca Fumagalli e Dossi

A Mezzago vive la storia dell’arteLa gipsoteca Fumagalli e Dossi

Mezzago – La Nike di Samotracia ti accoglie ad ali spiegate. Non è il Louvre e non è Parigi: siamo a Mezzago, nel laboratorio della “Fumagalli e Dossi”. Una gipsoteca: qui si realizzano riproduzioni in gesso di opere classiche, si parte da calchi realizzati sugli originali nell’Ottocento. Nel capannone di via Marconi 24 l’arte si riproduce dalla polvere di alabastro, un lavoro paziente, le opere rifinite a mano. Un lavoro diventato una tradizione di famiglia, ereditata dai primi del Novecento, nella bottega di Milano; a Mezzago, la “Fumagalli e Dossi” è arrivata negli anni Novanta. Ci lavorano in tre. «Mio padre ha cominciato a dodici anni, nel 1946», racconta Roberto Fumagalli, titolare della gipsoteca insieme a Mario Dossi.

Un tempo i musei, oggi i principali destinatari dei capolavori in gesso sono le scuole d’arte: «Gli studenti possono utilizzarli per imparare a disegnare – spiega Fumagalli – e per conoscere in modo approfondito quello che studiano». Poi ci sono gli appassionati e i privati che scelgono una Venere di Milo, un tondo michelangiolesco, o il fregio del Partenone da esporre in salotto, nella hall di un albergo, a ingentilire un ufficio. Nel Rinascimento i calchi in gesso si realizzavano anche sul vero, maschere mortuarie, per lo più, quando ancora non esistevano le fotografie. Un’usanza sopravvissuta fino a una ventina di anni fa. «Ma lo scorso anno siamo stati chiamati per realizzare le mani di una anziana defunta – dice Roberto Fumagalli – era una tradizione di famiglia, a cui non aveva voluto rinunciare».

Ogni opera richiede tempi diversi e se di teste o bassorilievi se ne possono realizzare anche tre, quattro o cinque al giorno, per le statue, soprattutto quelle di grandi dimensioni o dal disegno più elaborato, servono anche diverse settimane. «Per la Nike di Samotracia? Un paio di mesi. Chiaramente se la forma c’è già, altrimenti si sfiora l’anno. Non ci sono macchine che possono sostituire l’uomo in questo lavoro». Il progresso è arrivato solo nel materiale con cui sono costruiti gli stampi, oggi in gomma di silicone.

«In passato – spiega Fumagalli – l’opera in gesso passava alla fonderia per il bronzo, o ai marmisti. È capitato più volte di collaborare con artisti. A volte ci vengono anche commissionate creazioni ex novo, soprattutto dalle parrocchie, per portoni o acquasantiere». Tra gli oltre mille pezzi della collezione della “Fumagalli e Dossi”, esposti a Milano, nella bottega di via Montello, uno dei più richiesti (e costosi, nonostante le dimensioni) è il cavallo dell’Arco della Pace meneghino. Il costo di un calco è infatti direttamente proporzionale al tempo di realizzazione che richiede: si va dal centinaio di euro, fino al migliaio, per le statue più impegnative. Vuote al centro – «Per non pesare troppo» – rinforzate da un’armatura e dalla tela di iuta. Ognuna, dopo la formatura, esige il preciso intervento di uno scalpello, per rifinire le inevitabili sbavature del gesso.

«Un lavoro – racconta Roberto Fumagalli – che richiede una grande manualità, pazienza e allo stesso tempo destrezza: se non si è attenti e veloci si rischia che asciughi mentre ancora si lavora. Lo dice il proverbio: “Te se restà cun i man in dal gess”».
Letizia Rossi