Monza, quando l’orrore era italiano Il Binario 7 racconta “Gonars”

L’orrore ai tempi degli italiani si chiamava Gonars, il lager a un passo da Udine creato dal governo fascista italiano. La sua storia, e quella degli internati che ci passarono, la racconta il Binario 7 venerdì 31 gennaio, alle 20.30, in una prima nazionale della compagnia La Danza immobile.

L’orrore ai tempi degli italiani si chiamava Gonars. Perché i campi di concentramento dei nazisti, quelli sì, sono arrivati dopo: anche in Italia. Ma ci aveva già pensato anche il governo Mussolini a deportare persone e chiuderle in un lager.

Gonars, appunto. E non è il solo. Ma è quel campo a un passo da Palmanova, sotto Udine, che il teatro Binario 7 racconta venerdì 31 gennaio, al termine della settimana iniziata con la Giornata della memoria. E lo fa con una prima nazionale, prodotta dalla compagnia “La danza immobile”.

Sul palco Chiara Di Marco e Paolo Miloro, su un testo scritto e diretto da Valentina Paiano: “Gonars 1941-1943: Io odio gli italiani”.

«I protagonisti di questa storia sono una bambina, ma anche una figlia, e un uomo, ma anche un padre. In comune tra loro c’è una terra, la ex Jugoslavia, che ha dato loro origine e lingua; un periodo storico, la Seconda guerra mondiale, e un luogo, un campo di concentramento, dove le loro vite si sono incontrate e dove non si può che cercare di sopravvivere» scrive la compagnia teatrale monzese.

«Entrambi hanno conosciuto i rastrellamenti, gli incendi, la morte, lo stigma razziale e nazionale, la snazionalizzazione forzata e la deportazione nei campi di concentramento. In comune tra loro c’è il lutto che li ha resi soli. Si incontrano e, non potendo cambiare la loro storia provano, giorno dopo giorno, a guardare avanti e inventarsi un futuro possibile, forse insieme, o forse semplicemente dandosi l’un l’altra la forza per sopravvivere. Perché di sopravvivenza si parla in questa piccola e delicata storia».

La storia di Zofia e di Vlado. Bambina lei, dodici anni, i genitori morti o uccisi e già internata. Adulto lui, artista, «in continua ricerca di un modo per non far morire quella bellezza che conosceva nel mondo e che dipingeva nei suoi quadri». Tra loro nascerà un rapporto – dice il teatro – che ci insegnerà che l’umanità e la sensibilità non si possono soffocare e uccidere dietro un filo spinato.

Dopo lo spettacolo, che inizia alle 20.30, dibattito con la storica Alessandra Kersevan sui campi di concentramento in Italia. Il biglietto di ingresso costa 10 euro.