La Lombardia ci prova: «Caro Louvre, ospitiamo noi la Gioconda»

L'assessore regionale Caruso offre casa all'opera di Leonardo da Vinci dopo la nota della presidente del Louvre sulla collocazione inadeguata.
La Gioconda (o Monna Lisa) al Louvre
La Gioconda (o Monna Lisa) al Louvre

È piuttosto improbabile che la Francia decida davvero di affidare pro tempore la Gioconda di Leonardo da Vinci alla Lombardia, ma chissà: intanto la Regione ci prova e suggerisce ai transalpini di prestare una delle opere d’arte più note al mondo alla territorio che ha ospitato tanto a lungo il genio toscano. E che proprio qui, tra l’altro, ha trovato uno dei suoi assistenti storici: Gian Giacomo Caprotti da Oreno (Vimercate), detto il Salaì, il salaino, il “diavolaccio”.

Ad aprire le porte lombarde è l’assessore regionale alla cultura Francesca Caruso: «Siamo pronti a ospitare» la monna Lissa, ha detto dopo le notizie di stampa francese riportate da Le Parisien che rivelano una nota della presidente del Louvre, Laurence des Cars, la casa della Gioconda, che ha rivelano una serie di criticità del museo parigino e parlano anche e soprattutto della sala che ospita l’opera di da Vinci – che come è noto non è mai stata trafugata in Italia, ma è stata portata in Francia dallo stesso Leonardo, poi forse venduta o regalata al re Francesco I per l’ospitalità. La presidente del Louvre ha scritto al ministro Rachida Dati segnalando che “la presentazione della Gioconda nella sala degli Stati deve essere messa in discussione. Elevata al rango di icona, Monna Lisa esercita una fascinazione che non ha mai cessato di esistere nel corso dei decenni. Come conseguenza di questo fervore popolare, il pubblico affluisce in massa nella sala degli Stati senza che vengano fornite le chiavi per comprendere l’opera e l’artista; una situazione che pone interrogativi sulla missione di servizio pubblico del museo“.

La Lombardia ci prova: la Gioconda e l’Olimpiade Milano-Cortina

Chi è stato al Louvre lo sa: la sala degli Stati ospita la Gioconda, che è una tavola di piccole dimensioni (meno di 80 centimetri per 53) su una parete in cui è l’unica opera esposta, riparata da un prudente vetro anti-vandali e circondata da una barriera fissa che distanza il pubblico, che si accalca in massa davanti al sorriso enigmatico. «Non entro in merito alle precise osservazioni del presidente sullo stato del museo – ha aggiunto Caruso – ma accolgo l’appello relativo alla ricerca di una collocazione diversa. Direi che in attesa delle decisioni del Governo francese in merito a spostamenti o ristrutturazioni, noi in Lombardia siamo ben lieti di ospitare questa opera che rappresenta al meglio l’arte e la cultura italiana ed è patrimonio dell’intera umanità». In prospettiva, Caruso pensa all’Olimpiade Milano-Cortina del 2026, «quando avrebbe un significato ancora più forte: sarebbe il miglior modo per rendere fruibile questo splendore del genio italiano al grande pubblico che verrà in Lombardia e deciderà di visitare le opere di Leonardo Da Vinci in quello che amo chiamare circuito vinciano».

La Lombardia ci prova: la Gioconda rifiutata agli Uffizi

In realtà i problemi sono diversi. Primo, lo stato di conservazione della tavola, che in tempi recenti ha mostrato anche una fessurazione nella parte posteriore del legno, al di là degli attacchi del passato. Poi la consuetudine: la Gioconda è già stata negata agli Uffizi nel 2011 e in passato è uscita dal Louvre soltanto due volte, nel 1962 per raggiungere gli Stati uniti di John Fitzgerald Kennedy per essere esposta prima a Washington e poi a New York e dodici anni dopo, nel 1974, in tour che ha toccato Tokyo e Mosca.

Non arriverà, insomma, salvo sorprese: ma a Milano e in Brianza sarebbe a casa, per così dire. Leonardo a Milano ha vissuto alla corte di Lodovico il Moro dal 1482 al 1499, prima di trasferirsi in Francia. In quel periodo ha lasciato molte opere d’arte (basta pensare al Cenacolo) e progetti, che hanno interessato anche la Brianza sul fronte orientale dell’Adda incrociando probabilmente Monza. È opinione diffusa che gli sfondi di alcune sue opere siano ispirati da panorami brianzoli. E poi appunto il Salaì, Caprotti, preso come assistente da ragazzi e a fianco del maestro fino alla morte.