La figura di Rodolfo Beretta, l’alpino besanese, classe 1886, vittima l’8 novembre 1916 sull’Adamello di una valanga, mentre infuriava la Prima guerra mondiale, è tornata a vivere giovedì 28 novembre, quando Franco Nicolis, già direttore dell’ufficio beni archeologici della Soprintendenza per i beni culturali della provincia di Trento, è stato ospite dell’istituto Gandhi. Lo studioso ha così raccontato di fronte agli studenti come, insieme al suo staff, a più di cento anni di distanza dal decesso, riuscì a dare il nome proprio di Beretta ai poveri resti che un ghiacciaio in fase di scioglimento aveva fatto affiorare nel 2017.
Istituto Gandhi: l’importanza di identificare i resti che riaffiorano dalle nevi
Le classi presenti hanno così ascoltato una testimonianza che ha saputo unire la passione per l’archeologia e le scienze in genere ed una riflessione, quantomai purtroppo attuale, sulle conseguenze e gli effetti che i conflitti hanno avuto nella società italiana del novecento. «È importante -ha spiegato Nicolis– identificare i resti che i ghiacciai restituiscono, perché solo attraverso il nome si ridà concretezza all’esistenza di soldati scomparsi nel nulla sulle Alpi».
Istituto Gandhi: presenti anche i nipoti ed un bisnipote di Beretta
L’approfondimento ha posto l’accento sull’impegno speso per ricostruire le vicende dei soldati caduti sull’Adamello, grazie ai materiali trovati durante gli scavi nei ghiacciai, favoriti anche dall’innalzamento delle temperature, con conseguente erosione delle nevi perenni. Gli studenti sono stati positivamente impressionati dall’umanità del relatore, in particolare dall’emozione affiorata dalle sue parole mentre parlava di Beretta. All’incontro sono intervenuti rappresentanti della sezione di Monza dell’associazione alpini, con il presidente Roberto Viganò accompagnato da Roberto Sironi, Gianluca Ghezzi e Pier Davide Beretta, bisnipote del protagonista della mattinata, nonché i nipoti Maria Rosa Terruzzi e Renzo Beretta. I resti di Rodolfo Beretta sono rientrati nella sua terra d’origine il 13 ottobre 2018 e sono infine stati tumulati nella cappella dei sacerdoti e dei militari nel cimitero di Besana.