Besana: a dieci anni dalla morte di Eugenio Corti, addio alla moglie Vanda

Era nata nel 1927 e aveva conosciuto il marito all'università per poi rimanere al suo fianco per tutta la vita: nel 2014, a febbraio, la scomparsa dello scrittore.
Vanda e Eugenio Corti
Vanda e Eugenio Corti

A dieci anni di distanza esatti dalla morte di Eugenio Corti, è mancata anche la moglie Vanda, compagna di tutta la vita dello scrittore. La notizia è stata diffusa da Ares, l’editore di tutti i romanzi e gli scritti del besanese scomparso nel 2014, il 4 febbraio.

Vanda dei Conti di Marsciano si è spenta nella notte fra l’1 e il 2 febbraio nella casa di Besana in Brianza. Aveva conosciuto il marito all’università Cattolica di Milano nel luglio del 1947, a vent’anni (era nata a Perugia): all’epoca, ricorda l’editore, il futuro autore del “Cavallo rosso” aveva già pubblicato “I più non ritornano”, figlio dell’esperienza sul fronte russo.

Besana, addio a Vanda Corti: il carteggio con il marito

“In innumerevoli occasioni, Corti ricordò che senza la dedizione e il costante incoraggiamento di Vanda non sarebbe mai riuscito a portare a compimento ‘Il Cavallo rosso'”.

Per oltre trent’anni ha insegnato alle scuole medie e nel 2019, a cinque anni dalla morte del marito, aveva affidato ai tipi di Ares “Voglio il tuo amore”, il carteggio che raccontava “passo dopo passo la storia del loro fidanzamento fino al matrimonio che fu celebrato da don Carlo Gnocchi ad Assisi il 23 maggio 1951”.

Besana, addio a Vanda Corti: la lettera dello scrittore

Ares ha diffuso un estratto della lettera che Eugenio Corti ha scritto alla moglie il 9 dicembre 1993:

Vanda mia,

consentimi di scriverti anzitutto in merito alla tua poesia Andando, che mi ha molto rattristato.

Per due volte parli di te stessa come di una «che non ha dato frutti»: ma non è vero, la realtà non è questa. L’allusione alla mancanza di figli della carne è evidente; anch’io un tempo li desideravo, ma noi due non eravamo chiamati a questo: la nostra unione, nei disegni di Dio, non aveva questo fine; anzi se avessimo avuto dei figli, il disegno che Dio aveva su di noi, non si sarebbe potuto realizzare.

I nostri veri figli sono i nostri libri che non vengono solo da me, ma anche da te. Essi si reggono interamente – come sai – su due colonne: la verità e la bellezza, e senza di te al mio fianco e sotto i miei occhi tutti i giorni, la loro bellezza non ci sarebbe stata, o sarebbe stata enormemente monca, cioè appunto, in conclusione non ci sarebbe stata. Ecco perché Dio ha voluto che noi due, così lontani, ci incontrassimo là sulla scaletta di San Francesco e ci sposassimo. […] Te lo ripeto: senza di te al mio fianco la bellezza che c’è nei miei – nei nostri – libri, non ci sarebbe stata; solo io sono in grado di dire questo, e te lo dico e giuro davanti a Dio.

Perciò la tua vita non è stata qualcosa di spento, ma al contrario, di luminoso: è stata una straordinaria avventura di donna, come a nessuna delle tue ave, che si sono succedute in un millennio, è toccata in sorte. Perché quei libri – anche questo tu lo sai – sono riusciti in pieno, e hanno un valore straordinario. Non tutti sono in grado di capirlo oggi, dato che hanno contro la cultura [= la falsa cultura] dominante. Ma neppure di questo dobbiamo dispiacerci: anzi io prego sempre Dio che – mentre sono in vita – non mi conceda la soddisfazione del grande successo, perché a tale riguardo sono debole, e cederei con facilità alle tentazioni dell’orgoglio. [Così – vedi nel Cavallo a pag. 146 – sono grato al Signore che con la crisi della ditta paterna, mi abbia sottratto al pericolo di farmi un costume della ricchezza.]

Se noi continueremo a cercare il Regno di Dio, tutto ciò che ci occorre, ci sarà dato con sufficiente abbondanza, come è accaduto finora. […]

Mentre stendevo queste righe, avevo a tratti la sensazione di scrivere il mio testamento spirituale.

Con immenso amore

Tuo Eugenio