La base operativa della banda era a Sesto San Giovanni mentre gli otto presunti responsabili, tutti italiani, a parte uno residente a Roma, e un altro, già in carcere a Monza per altri reati, erano residenti in Brianza e nei dintorni. Due a Vimercate, 3 a Cologno Monzese e uno a Cassano d’Adda. Sono tutti accusati di truffa. Ne avrebbero compiute decine – per un provento stimato di 150mila euro – ai danni soprattutto di anziani ai quali telefonavano a casa invitandoli a sanare un consistente debito, variabile tra i 2mila e i 6mila euro, per il mancato pagamento di abbonamenti a riviste delle Forze dell’Ordine.
Si spacciavano per il “dottor Paganella”, oppure per la”dottoressa Perego” o, ancora, per la “dottoressa Nava” o il “dottor Peruzzi” . Nomi di fantasia, così come le loro professioni, avvocati, funzionari in servizio presso le cancellerie o gli uffici contenziosi – recupero crediti di vari Tribunali o presso la Corte dei Conti. Secondo quanto ricostruito dalla Procura di Monza, che ha coordinato le indagini, segnalavano alle vittime il mancato pagamento degli abbonamenti e l’esistenza di una conseguente consistente esposizione debitoria, proponendo una transazione bonaria per evitare pignoramenti. Agli inesistenti debitori fornivano il codice iban per saldare subito il dovuto con sconti fino al 50%.
Le indagini , avviate dal Reparto operativo dei carabinieri di Parma agli ordini del capitano Giovanni Martufi, sono partite a febbraio del 2016 quando una signora parmigiana di 75 anni aveva denunciato al 112 di essere stata contattata da un tal “dottor Peruzzi” che, da una stanza di un magistrato in tribunale, a Milano, le chiedeva conto di 4mila euro di insolvenza. Dal codice iban i carabinieri sono giunti a una banca di Sofia mentre le utenze telefoniche erano intestate a persone inesistenti e mai più utilizzate dalla banda. Sedici le truffe documentate, ma sarebbero molte di più.
E’ emerso che la quasi totalità delle vittime aveva sottoscritto abbonamenti alle riviste e i loro nominativi erano in un archivio in possesso di un 44enne, poi risultato componente della banda, operante nel settore dell’editoria. Da lui i militari di Parma sono risaliti al presunto capo dell’organizzazione, un 36enne operante nel settore immobiliare, che cercava le basi logistiche e forniva arredi, telefoni e schede, e ai telefonisti del gruppo, di 40, 33, 28 e 25 anni.
In caso di esito positivo, la cifra spillata alla vittima era divisa al 50% tra il telefonista e i primi due componenti della banda. Uno degli arrestati è risultato intestatario di 4 conti correnti postali tra cui quello indicato alle vittime per i bonifici, un altro di una carta postepay dove transitavano i profitti del reato. Ai due il pm Michela Versini ha contestato anche il reato di riciclaggio per avere ricevuto i bonifici provento delle truffe e compiuto o fatto compiere operazioni tali da occultare la provenienza delittuosa del denaro.
In quattro dei casi documentati nell’ordinanza del Giudice per le Indagini preliminari di Monza, dottoressa Pierangela Renda, agli indagati è stata contestata l’aggravante di aver approfittato dell’avanzata età delle vittime.