Non solo lo vive al meglio perché lo conosce a fondo. Il tempo, lui, lo crea e lo plasma: e no, non si parla di fisica, di astrofisica o di relatività. Si parla del metodo di misurazione dello scorrere degli istanti più antico al mondo: quello realizzato fissando al suolo o su un muro un bastone o uno stilo. Giovanni Sogne, nato a Monza nel 1952, di mestiere progetta e dipinge meridiane.
Lei è uno gnomonista.
Sì, adesso sì. Ma non ci sono arrivato subito. Prima, ho lavorato per diversi anni alla ST-Microelectronics e, una volta trasferito a Feltre, ho trascorso quasi due decenni da dirigente del servizio informatica dell’Ussl di Feltre (l’Unità locale socio-sanitaria, ndr) dove, intanto, da Monza mi ero trasferito per amore. Ormai vent’anni fa la svolta: decido di mollare tutto e di dedicarmi a questa passione. Ricordo che all’epoca la notizia aveva fatto scalpore e il giornale locale, addirittura, mi aveva dedicato una locandina. Ero finito in tutte le edicole: “Dirigente dell’Ulss si licenzia per fare meridiane”, avevano scritto, o qualcosa del genere. Da quel momento non ho più smesso: la mia vita aveva bisogno di una svolta e di un lavoro creativo all’aria aperta.
Da dove nasce questa passione?
Dalla combinazione di altre mie passioni. Al fascino che ho sempre provato nei confronti dell’astronomia, che ho scoperto correndo in notturna e frequentando gruppi di astrofili, all’interesse che ho sempre coltivato per la pittura e la decorazione murale.
Quando ha realizzato la sua prima meridiana?
Inconsciamente, la prima l’ho fatta sui banchi di scuola, quando frequentavo il Mosè Bianchi. Ero iscritto a ragioneria, ma non era il mio forte. Per fortuna, poi, hanno aperto un corso per programmatori, così ho portato a termine gli studi con impegno e convinzione decisamente maggiori. Prima del Mosè, ho frequentato le medie alla Pascoli e, prima ancora, le elementari alla De Amicis: sono cresciuto tra l’oratorio del Carrobiolo, via Frisi e via Carlo Alberto. Alla mia città natale, dove ho vissuto fino ai trent’anni, sono ancora molto legato. Forse, anche, perché l’ho vissuta a fondo. Ho fatto sport alla Forti e Liberi, sono stato iscritto al Cai e ho frequentato alcuni corsi della Paolo Borsa, quando ancora era in Villa reale. A proposito di villa: lì, sull’ala nord, esiste una delle due meridiane presenti in città. L’altra è su una delle pareti di villa Archinto Pennati, in via Frisi. Dei quadranti solari esiste addirittura un censimento a livello nazionale. Però “meridiana” è improprio: meglio dire quadrante o orologio solare.
Quanti ne ha realizzati, lei?
Più di cento, ormai. Mi hanno chiamato dalla Francia, dall’Olanda, dalla Svizzera. Ho lavorato anche in parecchie regioni italiane: anche in Calabria, dove di orologi solari non ce n’era nemmeno uno, nonostante sia stata la patria di Pitagora. Al sud, però, il sole si dà per scontato: c’è praticamente sempre.
Una disciplina antichissima.
Una disciplina con cui l’uomo si cimenta da quando ha avuto cognizione di sé. Gli antichi dicevano che, così, si cercava di misurare l’incommensurabile. I primi grandi passi in avanti li hanno fatti i babilonesi.
Chi le chiede di realizzare una meridiana, adesso?
Negli anni ho notato un aumento di persone che si stanno avvicinando a ritmi di vita più naturali, più tradizionali: ritmi che gli antenati misuravano appunto così. E poi l’ora che segna la meridiana è speciale.
Cosa intende?
È l’ora di casa tua e questo è impagabile. Ed è l’ora vera, quella naturale appunto. Il tempo che misurano cellulari e orologi, per quanto preciso, è di massa. Per costruire una meridiana ci vuole tanto studio e tanto lavoro, oltre che una precisione al decimo di grado, l’applicazione delle corrette formule di trigonometria e l’utilizzo dei migliori materiali per le decorazioni. Mi piacerebbe realizzarne uno a Monza, nella mia città.
Ci torna spesso?
Almeno un paio di volte all’anno. A Monza devo tante cose: gli studi, le amicizie, i corsi alla scuola d’arte. Ultimamente l’ho vista un po’ cambiata: un po’ trascurata, meno sicura. E mi è dispiaciuto. Vorrei tornasse presto ai suoi antichi splendori.