Si svolgerà il 10 dicembre la prima udienza al tribunale di Monza relativa alla causa dei 10.174 cittadini danneggiati dalla diossina che, dopo 39 anni di lotte e sentenze, chiedono il risarcimento per le sofferenze subite. «Si tratta della più grossa azione collettiva risarcitoria finora intentata in Italia – commenta Gaetano Carro, 86 anni, indomito presidente del “Comitato 5D” che da sempre si batte per far sì che coloro che nel 1976 restano vittime della diossina ottengano i dovuti risarcimenti – Spero che, finalmente, con questa class action, si applichi davvero la legge. A chiederlo ci sono oltre 10mila cittadini – puntualizza – che rivendicano il loro diritto al risarcimento che scaturisce da un fatto illecito per cui c’è già una sentenza penale passata in giudicato. E chi oggi sostiene che il diritto è prescritto o non conosce la procedura italiana o è in malafede»
. Insomma, sebbene i tempi della giustizia siano sempre lunghi, il “Comitato 5D” non demorde. «È ormai noto a tutti che gli effetti della diossina sulla salute si possono manifestare anche a distanza di molti anni – continua Carro – ed è stata proprio l’Organizzazione mondiale della Sanità a considerare la diossina un cancerogeno di prima classe. Nessuno può negare che nel terreno della “zona B”, quella che in origine era stata classificata come “zona A8”, siano stati ritrovati, in seguito alle analisi, ben 500 milligrammi di diossina per ogni metro quadro. Ed ecco che la paura d’incorrere in serie patologie ha accompagnato e continua ad accompagnare la vita di ognuno di questi 10.174 ricorrenti. Sebbene una parte di loro non abbia più voluto far ritorno a Seveso dopo l’evacuazione».
Del resto, delle conseguenze che provocherà la diossina alla luce, ora, dell’attraversamento del territorio da parte di Pedemontana, ne hanno parlato ieri proprio il “Comitato 5D” e il “Coordinamento No Pedemontana”. «La diossina ancora presente nei terreni dell’ex “zona B” deve restare per l’eternità sottoterra, guai se venisse riportata alla luce – conclude Carro – I 10.174 cittadini che ancora si battono per difendere i loro diritti dopo l’incidente dell’Icmesa sono la prova lampante della pericolosità di quel tossico».