Una nuova ambulanza, per cercare di rispondere sempre meglio alle esigenze della popolazione, in un frangente in cui la seconda ondata della pandemia ha fatto nuovamente impennare il numero dei servizi ed accresciuto la loro difficoltà. L’ha acquistata Seregno soccorso, il cui direttivo ha deciso di destinare il mezzo alle emergenze.
«Quello che era già nella nostra disponibilità – conferma il vicepresidente Stefano Pisu- si avvicina ai 230mila chilometri, la soglia massima fissata per l’utilizzo da Areu, l’agenzia regionale per le emergenze e le urgenze. Perciò ci siamo mossi per sostituirlo. L’onere è impegnativo, perché il costo complessivo è di 75mila euro più Iva e per questo abbiamo avuto accesso ad un finanziamento bancario, da coprire in 5 anni. Ci ha assicurato un aiuto importante, con una donazione consistente, l’imprenditore Gianmario Cazzaniga, che ha voluto che l’ambulanza fosse dedicata alla memoria del padre Angelo». La novità è maturata al momento giusto. «Tra marzo e maggio – argomenta Pisu – l’epicentro della pandemia erano le zone di Bergamo e Brescia, ora lo sono quelle di Milano, Varese e della Brianza. Ciò richiede a realtà come la nostra uno sforzo supplementare. Per novembre e dicembre, dal lunedì al venerdì, abbiamo garantito nelle ore diurne all’Areu una terza ambulanza per le emergenze ed urgenze. Quindi abbiamo un’ambulanza impegnata per 24 ore con tre soccorritori per tutta la settimana, una seconda con tre soccorritori in campo dalle 6 alle 20 dal lunedì al venerdì ed una con due soccorritori che invece lavora dalle 8 alle 20, sempre dal lunedì al venerdì. Abbiamo assunto personale già formato e chiesto ai volontari di sobbarcarsi turni aggiuntivi».
La situazione insomma non è semplice: «In primavera, in occasione del primo lockdown, quasi tutti erano a casa dal lavoro o dall’università e quindi c’era una maggiore possibilità di avere una mano in più. Oggi invece non è così e la disponibilità oraria è forzatamente più ridotta. Inoltre i servizi sociali, come il trasporto dei disabili ai centri diurni, non sono stati sospesi, diversamente da quanto era accaduto tra marzo ed aprile. Questo senza considerare che attualmente un servizio, tra attivazione, vestizione, arrivo sul posto, valutazione del paziente, comunicazione con la centrale operativa, invio in ospedale, ormai anche nel Varesotto, nella Bergamasca e nel Milanese, dura molto più rispetto a prima. E c’è sempre il rischio, una volta che si entra nel pronto soccorso, che non vi siano posti sufficienti e serva quindi aspettare chissà quanto, con la persona sulla barella».