I 49 proprietari degli appartamenti della residenza Ylenia di via Colzani, che si trova alle spalle della chiesa parrocchiale di Sant’Ambrogio, sono sul piede di guerra in quanto stanchi di attendere il certificato di abitabilità. Un certificato che aspettano da più di sei anni e che non permette loro di contrarre, negoziare e rinnovare mutui con gli istituti di credito, ma soprattutto di vendere l’immobile per potersi trasferire in altra zona o località. Un contenzioso infinito con l’ufficio tecnico comunale edilizia privata, quello preposto al rilascio dell’abitabilità, che ha creato e sta creando notevoli grattacapi all’amministrazione comunale. Non per niente dallo scorso 26 settembre, ma anche nei mesi precedenti, è stato l’ufficio più visitato da Guardia di Finanza e Carabinieri, i cui militi hanno asportato molti fascicoli e materiale da esaminare. Un ufficio che sta indisponendo anche i commercianti del centro città ai quali, a più riprese, è stata negata, non a tutti però, perché in questo vige molta discrezionalità, la possibilità di esporre la propria insegna.
I proprietari della residenza Ylenia hanno chiesto a più riprese all’impresa costruttrice il certificato di abitabilità, la quale se l’è visto negare dall’ufficio tecnico comunale preposto, a causa di un contenzioso aperto con la stessa impresa in quanto “ a seguito di sopralluogo effettuato dai tecnici comunali presso l’immobile suddetto, si è accertato che, al piano interrato, parte del corsetto di manovra per l’accesso ai box è stato collocato al di sotto dello spazio di proprietà comunale destinato a parcheggio”, e che l’assenso edilizio è stato fondato “ su una non esauriente rappresentazione dell’area di proprietà e su una falsa attestazione di conformità delle opere eseguite su proprietà comunale destinata a parcheggio” “ nonostante il corsello sia stato realizzato proprio sotto una parte dell’area comunale”. Peccato che in quello spazio l’impresa aveva presentato una Dia per far realizzare a Gelsia una cabina elettrica e di teleriscadamento, che l’ufficio tecnico non ha mai controllato.
L’impresa costruttrice avverso il diniego del comune di non approvare le modifiche apportate al progetto a solo titolo di pubblica utilità, attraverso il suo legale avvocato Bruno Santamaria ha presentato un esposto al Tar, che in una sentenza di 13 pagine del 13 settembre 2016, ha accolto il ricorso dell’impresa, ritenuto, come si legge nella sentenza che “ le ragioni opposte dal comune di Seregno contrastino con il prevalente orientamento della giurisprudenza , secondo cui l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio di un titolo edilizio deve rispondere ai requisiti di legittimità codificati nell’art. 21 della legge 7 agosto 1990, n.241, consistenti nell’illegittimità originaria del titolo e nell’interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione diverso dal mero ripristino della legalità, comparato con i contrapposti interessi dei privati”. La sentenza del Tar del 2016, è stata protocollata e consegnata all’ufficio tecnico. Ma tutto è rimasto fermo come se nulla fosse accaduto. E i proprietari continuano ad attendere.