Per celebrare il giorno della memoria, ovvero la “giornata internazionale di commemorazione in memoria delle vittime della Shoa”, gli studenti dell’alberghiero Ballerini, si sono chiesti cosa e come fare, per non ripetere la solita rievocazione con visione di film o dibattiti vari. L’idea è stata di approfondire le condizioni di vita dei deportati all’interno dei campi di concentramento, ma soprattutto la loro alimentazione, riflettendo sulla malnutrizione e sul pasto somministrato quotidianamente a bambini e adulti.
Una proposta culturale per stimolare i ragazzi alla riflessine. Hanno preso contatto con il Centro di documentazione ebraica di Milano per condividere il loro progetto e ottenere la possibilità di accedere agli archivi per un lavoro di ricerca e di approfondimento. Gli studenti di 5 A e B interessate al progetto sono state seguiti nella ricerca da Giovanni Guadagno, capo chef e coordinatore didattico dell’alberghiero e dai docenti chef Alberto Somaschini e Paola Sala, che hanno spiegato: “ abbiamo trovato una serie di testimonianze che tradotte dall’inglese ci hanno permesso di ricostruire la ricetta del pane che abbiamo preparato con le materie prime di oggi, pane che veniva distribuito nei campi, e rappresentava la primaria forma di sostentamento per i tre pasti della giornata. Con una razione scarsa e di pessima qualità. Il pane, con poca margarina spalmata all’interno, rappresentava anche l’agognato premio a riconoscimento di una giornata di lavoro più produttiva del consueto”.
“Va detto- hanno aggiunto- che oggi usiamo segale e farro come materie prime di moda, mentre all’epoca era gramaglia data in pasto agli animali”. Un’ulteriore ricerca ha portato alla scoperta di una ricetta, tramandata da prigionieri sopravvissuti alla deportazione, che può ricordare oggi il sapore e la consistenza di quel pane: il pane povero della memoria! “Con un disarmante rigore scientifico i nazisti – ha scritto la polacca Seweryna Szmaglewska, ex prigioniera politica nei campi di concentramento- avevano calcolato che un ebreo in grado di lavorare avrebbe dovuto sopravvivere nel campo circa tre mesi e la razione di cibo giornaliera era calcolata secondo questo principio. Le calorie che i detenuti assimilavano sarebbero sufficienti oggi ad una persona che trascorresse la sua vita sdraiata, ma nei lager la vita era caratterizzata da un lavoro duro e spossante.In tutti i campi di concentramento il cibo distribuito era poco più che niente: generalmente venivano dati un pezzo di pane da 150 grammi ai bambini e da 300 grammi agli adulti, un po’ di acqua e della zuppa, che era brodaglia di scarsa qualità. La razione di cibo, nel migliore dei casi, non superava le 1300 calorie. Il pane era, pertanto, il cibo più sostanzioso distribuito nell’arco di una giornata. Doveva essere consumato a pranzo, cena e avanzato per la colazione della mattina successiva.”
Ecco la ricetta. Gli ingredienti: 250 g farina di segale, 150 g farina di farro, 100 g farina tipo “0”, 300 ml acqua, 4 g lievito, 6 g sale fino.
Cosa bisogna fare: Mescolare le farine e il sale fino, aggiungere l’acqua tiepida con sciolto il lievito, impastare fino ad ottenere un impasto liscio, formare delle pagnotte da 350 g (formato per adulti) oppure da 180 g (formato per bambini), far lievitare per 90 minuti in un luogo tiepido, cuocere in forno a 180°C per 35/40 minuti.