Leone si chiama così perché, a dispetto della sua stazza minuscola e de suoi tre chili e mezzo di peso, è un cane coraggioso. Condivide le sue giornate con nonna Melina, che vive con lui e la figlia Elisabetta a Monza, in zona Buonarroti.
Priscilla è un bellissimo cocker spaniel inglese nero, che vive “viziato e coccolato come un pascià” nella sua casa con giardino ad Arcore, dice Giorgia, cresciuta con lei negli ultimi otto anni. Breva è uno splendido esemplare di mastino corso, fiera guardiana del suo territorio – una villa a Lesmo – dove vive in simbiosi con Simona, che percepisce come “il capobranco”.
Era il 2012 quando, appena cuccioli vennero salvati dagli agenti della polizia provinciale di Monza davanti a un negozio di giardinaggio di Desio, dove erano stati trasportati per essere venduti al pubblico, anche se in pessime condizioni di salute. Dopo otto anni, le loro famiglie, e quelle di Willy (razza pincher), Rouge (un altro cocker spaniel), Boogie (un vivacissimo Yorkshire) e Thor (un altro mastino corso di 60 chili che ha trovato casa in centro a Milano), si sentono dire che il tribunale ha deciso che i “cuccioli” vanno restituiti al proprietario. UN 62enne finito sotto processo a seguito di quel sequestro, ma prosciolto dalle accuse di maltrattamento di animali e truffa dopo una serie di lungaggini.
L’allevatore della bergamasca, più volte denunciato per traffico di cuccioli dall’Est Europa, ha fatto istanza tramite l’avvocato Domenico Di Bernardino, e ha ottenuto la restituzione dei “beni” (perché tali sono considerati gli animali nel nostro ordinamento giuridico) finiti sotto sequestro in attesa della definizione del processo. È ipotizzabile che possa pretendere un compenso piuttosto che la restituzione dei cani.
Ma l’idea che qualcuno possa chiedere indietro, anche solo in linea teorica, quegli stessi animali, risulta inconcepibile per chi, in questi anni, quelle bestie le ha curate, cresciute, accudite, amate, fino farle diventare come “persone di casa”. Sara, Giorgia, Elisabetta e gli altri sono quelli che l’Enpa di Monza, intenzionata a presentare ricorso al Riesame contro la decisione del tribunale, nominò come affidatari o custodi giudiziari.
Secondo i verbali dell’epoca della polizia provinciale, all’epoca del sequestro tutti i cuccioli soffrivano di infezioni intestinali ed erano stati levati troppo preso alla madre, cosa che aveva comportato un abbassamento delle difese immunitarie. Alcuni di loro avevano zecche, pulci. I due mastini venivano trasportati in una gabbia da gatto, immobili, sdraiati su un fianco con segni di morsicature sul ventre. Molti di loro erano “tremanti e timorosi”. I proprietari ricordano di quanto fossero “terrorizzati da tutto” nei primi periodi in cui li hanno accolti. Poi sono diventati di “famiglia”. Un lieto fine turbato da quella notizia: “Dovete restituirli”.
(* articolo pubblicato su il Cittadino di giovedì 16 gennaio 2020)