Sui giradischi di quell’anno giravano “Via del campo” di Fabrizio De Andrè e “Non è Francesca” di Lucio Battisti e Mogol, quelli che avevano già gettato le orecchie oltre l’Europa ascoltavano “Heroin” dei Velvet undergound, “A whiter shade of pale” dei Procol harum, “Lucy in the sky with diamonds” dei Beatles. La guerra in Vietnam iniziava a riempire le cronache, l’Italia diceva sì al divorzio. E Felice Gimondi, a giugno, vinceva il Giro d’Italia di ciclismo numero cinquanta.
Monza monzetta, nel suo piccolo, aveva altri problemi: non sapeva più dove mettere gli alunni. Se fra il 1936 e il 1951 la città era cresciuta di meno di 10mila abitanti (arrivando a 73.114), nell’arco dei dieci successivi ne aveva guadagnati di più, passando a 84.445. Poca cosa, rispetto a quello che sarebbe successo nel decennio successivo: tra il 1961 e il 1971 il censimento registra +35,4%, un terzo in più, arrivando a 114.327. Non è mai più successo: oggi Monza ondeggia da quell’epoca intorno ai 120mila, raggiunti prima del 1980. È così da oltre quarant’anni.
Quando Monza moltiplicava scuole: la Bellani era la magistrale

Quel +35% però è stata una sberla alla città. A partire dalle scuole. Nessuno sapeva più dove mettere gli alunni, esplosi in una manciata di anni. E allora le cronache, dalle prime pagine del Cittadino, sembravano non parlare d’altro: scuole in costruzione, o in ampliamento. Primarie, medie, superiori. E magistrali: è nata così quella che oggi si chiama media Bellani. L’edificio è stato realizzato nel 1967, con fondi del ministero, come distaccamento della magistrale Tenca di Milano. Il provveditorato aveva ritenuto necessario creare un istituto nel capoluogo della Brianza per assorbire gli studenti in progressivo aumento e tenerli in provincia. La media Bellani, prima di trasferirsi negli spazi della magistrale dietro la chiesa di Regina Pacis, era altrove: l’edificio dietro il Binario 7, l’ex Gil, usato poi negli anni dalla polizia locale e poi più di recente dai servizi sociali.
Dopo alcuni mesi in cui l’emergenza scolastica – “esplosiva”, l’aggettivo più ricorrente – fa capolino sulle pagine, alla fine di gennaio il Cittadino apre la prima pagina (1 febbraio 1968) con “Il piano della scuola in consiglio comunale: previste 228 aule per 3 miliardi e 86 milioni”, poco meno di 36 milioni di euro oggi.
Quando Monza moltiplicava scuole: le previsioni “esplosive”

“Per la scuola elementare: tasso di scolarizzazione non il 100 %, ma il 111,02 %; incidenza della scuola privata 8,5%. Per la scuola media: tasso di scolarizzazione 1’81,34 %, ma il 98 %; incidenza della scuola privata il 10%. Sulla base di questi presupposti l’esame è stato fatto in riferimento a quella che è la situazione attuale della scuola monzese. E allora per la scuola elementare abbiamo queste indicazioni: alunni iscritti 7.115; 25 alunni per aula, necessitano 288 aule; ne abbiamo 273; ne mancano 15: costano 158.000.000. Vediamo il futuro, oltre il 1969 fino al 1971: alunni 8.970, necessitano 359 aule; dobbiamo costruirne 86, meno le 22 attuali occupate dall’Istituto magistrale e destinate in futuro a scuola elementare; dobbiamo quindi costruirne 64: costano 675.000.000”.
Alle medie c’erano 3.040 iscritti, servivano altre 48 aule – scriveva il Cittadino – ma nel 1971 ne sarebbero servite 187 per 4.675 alunni: ne andavano costruite 113. “Tiriamo le somme definitive tra le scuole medie e le scuole elementari: nel 1971 ci sarà un totale alunni di 13.640 unità; dovremo costruire complessivamente 228 aule”. In realtà, poi, le prospettive sarebbero ancora cresciute.