Profughi, il viaggio nei centri di accoglienza: Carate Brianza e Limbiate

Puntata 1: Monza - I viaggio del Cittadino nei centri di accoglienza. Dopo le voci da via Spallanzani a Monza, a Carate Brianza ci sono i giovani dal Bangladesh che qui imparano l’italiano. A Limbiate invece solo silenzio.
La casa cantoniera di Carate Brianza
La casa cantoniera di Carate Brianza Attilio Pozzi

È l’ultimo degli hub aperti nella provincia di Monza e Brianza quello di Carate Brianza: solo nel mese di agosto le autorità hanno deciso di destinare l’ex casa cantoniera di via Mosè Bianchi all’accoglienza dei migranti.

Sarà per questo, forse, che l’aria che si respira qui è diversa. Da lontano si sentono le risate dei ragazzi. Anche loro sono giovani, non hanno più di trent’anni. A differenza dei profughi che a Monza hanno trovato un primo alloggio in via Spallanzani, questi ventidue ragazzi non provengono dal cuore nero dell’Africa. I loro occhi e il colore della loro pelle raccontano il destino di un altro popolo che fatica a trovare la pace e che dal Bangladesh ha scelto di arrivare in Occidente, in Europa. In Italia. Le risate scoppiano a intervalli regolari perché stanno facendo lezione di italiano, e loro di italiano non sanno una parola. Chi è più avanti riesce a dire “ciao”, “come stai”.
Gli altri stanno imparando a scrivere le lettere del nostro alfabeto. Due volontarie, due insegnanti, li stanno spronando a uscire dai loro banchi e ripetere di fronte agli altri alcune frasi fatte, utili alla prima sopravvivenza, quelle di rito che tutti imparano quando si accostano a una nuova lingua.


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Come ti chiami? Quanti anni hai? Da dove vieni? E ridono, loro, perché prendere le misure con il nostro lessico non è una cosa da poco: chissà come devono sembrare buffe, alle loro orecchie, queste voci che cercano di inseguire vocali e consonanti del tutto nuove. Penne in mano, quaderni sui banchi e occhi alla lavagna: le lezioni si svolgono il martedì e il giovedì, in mattinata. Un diversivo, che per qualche ora regala il buon umore. Che distrae dall’essere ospiti, non si sa ancora per quanto tempo, di un’ex casa cantoniera che vieta l’accesso ai non autorizzati. A nemmeno venti chilometri di distanza la situazione è capovolta.

Silenzio, silenzio spettrale a Limbiate, dove l’hub è stato aperto la scorsa primavera tra polemiche a dir poco accese. Per accogliere i profughi è stata scelta l’ex sede della provincia di Monza e Brianza a Mombello, che si trova nello stesso edificio in cui da molti anni ha sede il Centro raccolta Avis Vittorio Formentano: accostare un centro profughi a un centro di raccolta di sangue e plasma non è stata, secondo molti, una decisione azzeccata. Ma in quei locali vivono ormai da settimane oltre settanta giovani che provengono, questa volta sì, dal cuore dell’Africa.

Ma c’è silenzio perché le stanze occupate dagli immigrati si trovano al primo piano di un edificio circondato da mura e chiuso da un grande cancello elettrico. Non si vedono, non si sentono. Solo, appesi alle finestre, dei vestiti messi a stendere. Jeans, pantaloni della tuta. Una maglietta grigia e una celeste. Due paia di scarpe da tennis. Due ragazzi attraversano il cortile, si dirigono a uno dei portoni di ingresso del palazzo. Entrano. E anche loro vengono inghiottiti dal silenzio.