Inutile anche l’ultimo ricorso: la Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità esclusiva del Comune di Nova Milanese in relazione alla morte di Davide Marotta, il 14enne caduto dallo scooter il 4 agosto 2006 sulla Monza – Saronno a causa della cattiva tenuta dell’asfalto, reso scivoloso dalla presenza di ghiaia a terra. Davide, successivamente alla caduta, fu investito e ucciso da un furgone. Da lì in poi, il dolore e una storia di ricorsi e carte bollate.
Quattordicenne, primogenito, promessa del calcio giovanile. È il 2010 quando papà Luigi e mamma Roberta iniziano la causa contro il Comune, affidandosi ai legali Elena Maria Brambati e Antonio Caminiti.
“Infondato e inammissibile in tutti i suoi punti”: la Cassazione con ordinanza 7065 del 17 febbraio pone fine a undici anni di battaglia giudiziaria. Viene rigettato definitivamente il ricorso e il Comune viene condannato al pagamento delle spese processuali. Ammonta a 800 mila euro il risarcimento alla famiglia Marotta, già dalla sentenza 2080 del 2013 pronunciata dal giudice Maria Gabriella Mariconda.
Il Comune si era da subito opposto, chiedendone la sospensiva. In primo, secondo e terzo grado, quindi con sentenza del tribunale civile di Monza, della Corte d’Appello di Milano e infine con ordinanza della Cassazione di Roma, nessun dubbio: nessuna negligenza da parte di Davide.
«Il risultato sta proprio nell’aver dimostrato con un’istruttoria ampia ed esaustiva, che non c’è stata nessuna responsabilità da parte di Davide. Negligente il Comune al 100% – commentano i legali della famiglia – In ogni caso di fronte alla morte di un ragazzo non c’è nessuna vittoria, c’è solo da interrogarsi e fare in modo che non succedano più questi fatti».
“La concreta situazione del tratto stradale sul quale il minore è caduto – si legge – integrava, per l’utente, una situazione di pericolo occulto caratterizzata dal doppio e concorrente requisito della non visibilità oggettiva del pericolo e della non prevedibilità subiettiva di esso”.
«Fin dal principio – aggiungono gli avvocati – il cruccio e l’angoscia della famiglia è stato dimostrare che Davide si fosse comportato bene e non avesse violato nessuna norma. Cosa che siamo riusciti a dimostrare ricostruendo pezzo a pezzo tutto il fatto: le perizie cinematiche ci hanno dato ragione e hanno confermato che anche la velocità di Davide era ben al di sotto dei limiti».
Una tesi che ha visto andare in appello il Comune, cercando di ottenere il concorso di colpa, ma che è stato smentito subito dalla Corte d’Appello di Milano, quindi dalla Cassazione. Un iter giudiziario, che termina dopo undici anni, ma che si è svolto, a detta dei legali dello studio Caminiti, in modo lineare e abbastanza veloce: «I tempi tecnici sono stati giusti – concludono gli avvocati – grazie anche ad un’istruttoria ampia e completa che non ha più richiesto la riapertura dei fascicoli. La sentenza con la definizione della cifra del risarcimento è in linea con le tabelle del tribunale di Milano».