Ore 21, i City Angels sono pronti. Lo zaino è colmo di panini, brioche, crackers, bottigliette di the caldo. Poi alcune borse con maglioni, giacche e scarpe. E appena chiudono la porta della sede di piazza Cambiaghi a Monza ecco sbucare dal buio un giovanotto che, con voce timida, chiede aiuto.
Così inizia la serata di un lunedì insieme alla squadra dei City Angels. Giubbe rosse e basco azzurro, sorriso e la volontà di dare una mano a chi vive in mezzo alla strada. La prima sosta in piazza Cambiaghi si protrae per oltre un quarto d’ora, ascoltando la storia di un nordafricano che chiede un maglione e qualche cosa da mangiare. Il ragazzo, in Italia da diversi anni, adesso vive in una casa abbandonata in Brianza. Un parente gli ha portato via tutti i soldi e i documenti, e qualche balordo anche i vestiti. Chiede un posto dove lavarsi e dove dormire, e soprattutto un modo per ricominciare, adesso che gli hanno rubato i documenti, trovare un posto di lavoro diventa impossibile.
«Rivolgiti agli avvocati di strada – suggerisce la coordinatrice Manuelita Vella, consegnandogli qualche panino e un maglione – Non perdere la speranza e soprattutto non bere». Una parola di conforto, una pacca sulla spalla e soprattutto indicare sempre la retta via da seguire per riuscire a risalire la china.
Poi destinazione stazione. Lì gli angeli sono di casa. A salutarli all’ingresso di piazza Castello c’è un gruppo di una decina di ragazzi che fumano, chiacchierano, bevono qualche birra. Sono proprio i ragazzi ad andare a salutarli e chiedergli qualche brioche. Ragazzi di buona famiglia, vestiti griffati, modi cortesi e l’abitudine di trascorrere le serate sul muretto della stazione.
«Sono bravi ragazzi – commentano i City Angels – Il lunedì e il giovedì sera ci aspettano per scambiare quattro chiacchiere e per chiederci qualche brioche, facendoci notare che non lasciano più le bottiglie della birra in mezzo alla strada». Il colloquio e il confronto, senza giudizio ma ammonendo a intraprendere la strada giusta, sono le parole d’ordine dei City Angels. Ma in certi casi è difficile farsi ascoltare. Da chi urla.
Come i due clochard italiani che dormono nell’atrio della stazione. Marito e moglie, volti noti ai pendolari che ogni giorno li incontrano in stazione. Lei che dorme sulle sedia della sala d’attesa sotto le coperte di lana, lui che grida sulla sua sedia a rotelle, raccontando agli angeli i soprusi ricevuti, episodi equivoci di cui è stato vittima e ogni tentativo di calmarlo non serve. Sempre più arrabbiato con il mondo esce dalla stazione per raggiungere il piazzale dove sfoga la sua ira urlando. Un buon quarto d’ora ad ascoltare la rabbia, mentre la moglie improvvisamente si sveglia e lo invita a smettere. E poi, quando le acque si sono calmate, il saluto e l’arrivederci al prossimo giro lasciando la bottiglietta di tè caldo e qualche panino.
Poi un giro sul piazzale della stazione. Tutto tranquillo, ci sono solo i pendolari. Ma nel giro di perlustrazione gli angeli trovano per terra a pochi passi dalla fontana, un portadocumenti con dentro un portafoglio dove ci sono i documenti e la tessera universitaria di una giovane studentessa. Molto probabilmente qualcuno le deve averle sfilato il borsellino senza che se ne accorgesse e una volta tolti i soldi l’ha abbandonato in mezzo alla strada. E mentre si apprestano a consegnare i documenti alle forze dell’ordine gli angeli incrociano un giovane di colore di corsa.
«Tutto a posto?», domandano. «Si grazie – risponde il ragazzo – Sono solo di fretta. Ma grazie ancora per esservi accertati che avessi bisogno di aiuto».