Il suo nome completo era stato svelato in agosto, quando all’Albo pretorio del Comune era stata affissa la determina che aveva stabilito di approvare un contratto di comodato d’uso “relativo alla gestione del cane e alle spese necessarie all’impiego dell’Unità cinofila”. Dal documento si era scoperto che il cane antidroga Narco, di proprietà di una agente del Comando di polizia locale di Monza, si chiama per la precisione Narco della Decima Mas, un nome che è quello dell’allevamento specializzato in cui è nato, nelle Marche, e ricorda la Repubblica Sociale Italiana.
Nel 2016 un altro cane dell’allevamento marchigiano destinato all’unità cinofila di Albenga era stato contestato (e respinto) per il nome: in quell’occasione era stato spiegato che si trattava di un omaggio a un parente del titolare.
Narco è ritornato agli onori delle cronache lunedì sera, e non per ragioni di servizio: quel nome, ha affermato in consiglio comunale l’assessore alla Sicurezza Federico Arena, gli è stato appioppato nell’allevamento in cui è nato, il cane non è fascista e non fa il saluto romano. L’amministratore, risentito per l’obiezione su quell’appellativo che evoca i tempi cupi del fascismo sollevata da Marco Lamperti del Pd, ha nell’occasione difeso a spada tratta l’operato del Nost messo in dubbio dal pentastellato Aurelio Camporeale: «Cosa ha fatto finora il Nucleo speciale – ha domandato l’esponente del Movimento 5 Stelle – per la sicurezza, la lotta allo spaccio e al degrado? Il sabato del Gran Premio gli agenti passeggiavano con il cane e si facevano i selfie».
«Affermazioni simili – ha replicato Arena – sono irrispettose nei confronti di chi ha sequestrato stupefacenti ed eseguito arresti: quel sabato i componenti del Nos sono rimasti in servizio per tre turni consecutivi. Non passeggiavano ma presidiavano il centro: ho dato io il permesso di scattare la foto».