Il neuropsichiatra Julian de Ajuriaguerra definiva la scrittura in corsivo “melodia cinetica”, per Rosanna Rizzo è la giusta trasposizione del pensiero continuo, peculiare come il colore degli occhi o il timbro della voce. Il primo fu neuropsichiatra infantile di fama mondiale, celebre per i suoi studi legati alla scrittura del bambino e ai disturbi di disgrafia. La seconda è insegnante da tre decenni, oggi nelle aule della scuola primaria Puecher di Monza, dopo aver insegnato alla Munari e prima ancora ad Altavilla Silentina, il suo paese d’origine.
Non solo passione. Quella per la scrittura è per Rosanna Rizzo molto più di una passione. Gli studi di grafologia a Roma, il master per trattare studenti con disturbi specifici dell’apprendimento e poi il diploma di educatore del gesto grafico.
Non la scrittura in generale ma il corsivo, carattere sempre più sconosciuto ai piccoli e tra gli adulti, considerato da tempo patrimonio dell’umanità. Una scrittura, quella in corsivo che – assicura Rizzo – racconta tanto di ciascuno di noi.
«I bambini conoscono principalmente lo stampatello perché è il carattere con cui sono stampati i libri, ma scrivere in corsivo significa esercitare molte più competenze. La scrittura in corsivo deve avere fluidità, continuità e chiarezza. Significa per il bambino riuscire a dominare non solo lo strumento di scrittura ma anche lo spazio del foglio».
Ed è proprio per questo che sul banco dei suoi alunni il primo strumento di scrittura che compare, dopo la matita, è la penna stilografica. «I piccoli sono entusiasti di scrivere con la stilografica e di imparare il corsivo – racconta – è come riuscire a entrare nel mondo degli adulti». L’insegnante si occupa anche di rieducazione della scrittura. Lavora con i bambini ma anche con adolescenti e qualche adulto.
Il ritmo della mano. «Viene da me una signora cinquantenne, una mancina contrastata che non si riconosceva nella sua scrittura con la mano destra. Qui nel mio studio ha riassaporato la bellezza del gesto grafico, il ritmo della mano, la fluidità del segno».
Tra gli strumenti didattici prediletti c’è la lavagna di ardesia, che non manca nella sua classe, ma anche quella fatta con la sabbia, dove i ragazzi scrivono usando le dita e ancora le lettere smerigliate ideate da Maria Montessori.
Perché farlo. «Io non demonizzo certamente la tecnologia né tantomeno l’uso di tablet e pc anche tra i più piccoli, ma credo che sia necessario che apprendano l’uso anche di altri strumenti e della scrittura in corsivo. L’educazione di un bambino è paragonabile all’evoluzione umana. Si inizia da incisioni semplici fino ad arrivare all’insegnamento della scrittura. Non si può dare subito in mano ai piccoli strumenti tecnologici, il rischio è che perdano la manualità, oltre alla bellezza di scrivere facendo scivolare il pennino di una stilografica su un foglio».