Qualche quadro è già alle pareti, altri sono negli scatoloni come i libri pronti a trovare spazio nella biblioteca di noce al primo piano di Cascina Fontana. Piero Addis, 59 anni, ex responsabile della struttura eventi di Regione Lombardia, da due settimane è il direttore del parco e della Reggia di Monza. Il tempo per acclimatarsi non c’è stato, subito catturato dal vortice dell’organizzazione della messa del Papa del prossimo 25 marzo.
Preoccupato?
Seicentomila persone non sono uno scherzo, ma mi aspetto un evento ordinato e tranquillo come sappiamo organizzare noi lombardi. Certo, il prato ne risentirà, ma nell’economia generale dell’evento, il manto erboso sarà rifatto e in questo momento la mia preoccupazione più che il prato è che sia garantita la sicurezza di tutti.
È un messaggio per gli ambientalisti monzesi?
Ho seguito le polemiche, anche per i concerti.
Quale è la sua posizione?
I concerti si faranno, devono continuare ad essere organizzati con le stesse attenzioni per il parco. Un bene culturale non è inviolabile, ma va rispettato. Con la messa del Papa abbiamo avuto anche una grande opportunità: ricostruiremo filologicamente l’esedra di alberi davanti al Mirabello.
Come immagina di valorizzare il parco?
È un luogo splendido che deve vivere tutto l’anno. Quando mi sono occupato degli eventi culturali per l’Olimpiade di Torino abbiamo chiamato grandi artisti e la gente è venuta in massa, nonostante il ghiaccio e la neve.
Lei ha una formazione artistica e le sue opere sono appena state esposte in Australia. Quale artista vorrebbe a Monza?
Per il parco mi piacerebbe portare artisti di environmental art. Penso a quanto ha fatto Christo sul lago d’Iseo, ma anche le installazioni di Vanessa Beecroft o di Cattelan.
In Villa reale?
Difficile sceglierne uno solo, mi piace scegliere strade divergenti. Penso anche a retrospettive su artisti lombardi conosciuti in ambito internazionale, vorrei meno mostre, ma di grande qualità.
Ha già incontrato il concessionario che gestisce il corpo centrale della villa?
Proprio oggi. Ci sono tutte le premesse per lavorare insieme in sintonia, ho trovato una grande apertura. Lui certamente deve guardare al profitto, noi promuovere l’aspetto istituzionale, insieme dobbiamo trovare il modo perché queste due visioni non si scontrino. Per fare mostre di qualità non ci vogliono necessariamente grandi budget.
Prossime mostre?
Probabilmente non ci sono i tempi per portare un’altra opera per il periodo pasquale come è stato fatto negli ultimi due anni. Io avrei chiesto il Figliol Prodigo di Rembrandt all’Ermitage. Piuttosto che lavorare in fretta preferisco prendere tempo e organizzare qualcosa di buono con più calma, magari richiedendo più opere. Vorrei istituire con il concessionario un board of honour con personalità di spicco: penso al direttore del Guggenheim, dell’Ermitage, ai direttori delle grandi regge europee con cui stringere alleanze.
A proposito di altre regge, Venaria Reale ha festeggiato i dieci anni dall’apertura con oltre un milione di visitatori nel 2016 contro i 130mila di Villa reale. Qual è il segreto di Venaria?
Non lo so, ma voglio scoprirlo presto anche perché conosco chi se ne occupa. Certamente posso già dire che a Monza manca personale, budget e bisogna lavorare sui collegamenti leggeri con Milano. Inoltre penso che sia importante lavorare insieme con la città e i suoi operatori: una grande mostra in Villa fa bene a tutti.
Lei ha lavorato nella pubblicità. Uno slogan per la Reggia di Monza?
La comunicazione è importante, bisogna saper vendere il proprio prodotto. A Monza punto sul parco come luogo che possa accogliere un festival pluridisciplinare in grado di coniugare danza e teatro. E poi il parco come luogo di benessere e salute.
Lei è un artista. Ha ancora il tempo di dedicarsi alla sua produzione?
La creatività è un’attitudine. Le idee possono arrivare ovunque, anche in coda tra Milano e Monza. Lavoro di sera, certamente un po’ meno di prima, ma sono contento di mettermi a disposizione come risorsa della Reggia di Monza.