Una fidejussione bancaria con “logo e indicazioni in tutto e per tutto riconducibili a quelli di un rinomato istituto di credito nazionale” ma completamente falsa. E non sarebbe il primo caso. Le Fiamme Gialle dicono infatti che l’istituto bancario, che ha disconosciuto l’autenticità del documento, “aveva già presentato numerose altre denunce per fatti analoghi”.
Ad indagare sull’accaduto, coordinati dalla Procura della Repubblica di Monza, i finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Forlì, che hanno sequestrato un sito internet e un indirizzo di posta elettronica certificata, “riconducibili apparentemente” al gruppo bancario.
La fidejussione della banca è “fake”, la Procura di Monza coordina le indagini della Finanza
Il decreto di sequestro, emesso dal Gip del Tribunale di Monza su richiesta della stessa Procura della Repubblica brianzola, è stato eseguito nei confronti della corrispondente società che offre servizi di data center e web hosting.
Quattro le persone denunciate accusate, in associazione tra loro, per ipotesi di reato di truffa e abusiva attività finanziaria, prevista dal Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia. “La Procura della Repubblica di Monza ha richiesto e ottenuto il sequestro – specificano le Fiamme gialle di Forlì – al fine di scongiurare il pericolo che la libera disponibilità, da parte degli indagati, del dominio e della casella di posta elettronica in questione, potesse consentire o agevolare la commissione di ulteriori reati di truffa”.
La fidejussione da 35mila euro falsa scoperta al momento della riscossione
La scoperta della fidejussione “fake”, da 35mila euro – con codice QR che, una volta attivato mediante smartphone, rimandava al (falso) sito internet dell’istituto di credito e all’indirizzo di posta elettronica certificata ad esso associata – è avvenuta da parte di una società di Cesena, “operante nel settore ortofrutticolo”, una volta andata in banca per la riscossione. Gli accertamenti dei Finanzieri del Gruppo di Cesena hanno portato a scoprire che a rilasciare il documento sarebbe stato il rappresentante legale di un’altra società cesenate, anch’essa operante nel settore ortofrutticolo, “a garanzia del pagamento dei canoni di locazione di un capannone”.
“Il sito internet dell’istituto di credito e l’indirizzo di posta elettronica certificata – dice la Finanza – sarebbero stati appositamente realizzati per indurre in errore gli inconsapevoli fruitori che, invece, credevano di relazionarsi effettivamente con la banca”. Le investigazioni sono tuttora in corso.