Se la Lombardia è entrata, da lunedì 14 giugno, in zona bianca, parte del merito va sicuramente al successo della campagna vaccinale. Che, dopo un’avvio stentato, procede ormai a spron battuto. Il contesto ci ha quindi offerto un’opportunità per fare il punto sulla situazione della sanità lombarda con la vicepresidente della giunta regionale e assessore al Welfare, Letizia Moratti.
In Brianza è ormai stata raggiunta dal vaccino la metà della popolazione-target. A cosa è dovuto il cambio di passo?
«Il fattore di svolta è stato senza dubbio il passaggio dalla piattaforma di Aria a quella di Poste Italiane. Fin dall’inizio avevo espresso molte perplessità e, proprio per questo, fatto inserire clausole rescissorie nell’accordo con Aria, pur volendo comunque dare fiducia a una struttura regionale. Dopo il cambiamento i miglioramenti sono stati tangibili da subito, con prenotazioni più semplici e una geo-localizzazione che ha consentito di inviare i cittadini a centri fisicamente più vicini. L’altro aspetto importante è stata la scelta di avere hub massivi in cui concentrare lo sforzo in termini logistici e umani. Certo, anche l’aumentata disponibilità di vaccini ha aiutato. Attualmente abbiamo il potenziale per vaccinare oltre 140mila persone al giorno negli hub massivi. Con 100mila al giorno vaccineremmo tutta la popolazione-target almeno con la prima dose entro fine luglio, con 120mila entro il 10 luglio. Ma dipende, ovviamente, dalle dosi che arriveranno dal Governo».
Le fatalità che la scorsa settimana hanno riguardato due cittadini del territorio brianzolo dopo l’iniezione la preoccupano? Possiamo stare tranquilli?
«I vaccini vengono immessi sul mercato con il benestare di Ema e Aifa: sono farmaci sicuri. Certo, possono esserci effetti collaterali che vengono segnalati, ma, attualmente, su sette milioni di inoculazioni in Lombardia, abbiamo solo una decina di casi sospetti, che stiamo naturalmente indagando, anche se non abbiamo l’evidenza di una correlazione diretta. A fronte di questo, comunque, abbiamo l’esponenziale diminuzione dei decessi e dei ricoveri per Covid».
Si è spesso detto che un punto debole della lotta alla pandemia sia stata, in Lombardia, la medicina di base. Nelle scorse settimane abbiamo avuto modo di sentire l’ex governatore lombardo Formigoni, il quale ha fatto capire che la colpa di questo sia da imputare in parte alla riforma Maroni. Cosa prevedono, in tal senso, le linee guida per lo sviluppo della stessa legge 23/2015, recentemente approvate dalla Giunta regionale?
«Premettendo che la sanità lombarda è una sanità di assoluta eccellenza, tanto che in base a un’elaborazione della Fondazione Sanità Futura sui dati del Piano Nazionale Esiti di Agenas 2017-2019, registra i risultati migliori in 34 indicatori sui 42 analizzati, si può e si deve sempre migliorare. Con la riforma della legge 23 vogliamo proprio rafforzare la medicina territoriale, investendo nel raccordo tra ospedale e territori e potenziando l’assistenza domiciliare, anche grazie alle risorse del Pnrr. Con questo raccordo consentiremo la miglior presa in carico dei più fragili e dei cronici da parte dei medici di medicina generale in alcune “case di comunità”, che riceveranno il supporto anche degli specialisti. Il ruolo dei medici di medicina generale sarà messo al centro di questa che non è una rivoluzione ma, piuttosto, un’evoluzione della riforma».
Quale futuro vede per la sanità in Brianza e, nello specifico, nei rapporti tra le varie strutture ospedaliere?
«La struttura brianzola è sicuramente di grande qualità. Quello che vogliamo è proprio un raccordo forte tra gli ospedali e i presidi sul territorio, pur continuando a valorizzare le eccellenze. I presidi e le strutture continueranno a essere punti di riferimento. Il San Gerardo, futuro Irccs, resterà il pivot, affiancato da Vimercate e Desio che saranno due poli ospedalieri sempre più importanti».
L’ospedale di Desio sarà intitolato a Pio XI, una nscelta condivisa all’unanimità dal Consiglio regionale. Può dirci qualcosa al riguardo?
«L’intitolazione a una straordinaria figura come papa Ratti è carica di valori simbolici, legati alla nostra terra e alla diocesi ambrosiana. C’è indubbiamente un legame forte tra chi, come Pio XI, ha scelto una vita di missione in un momento storico complicato e chi, penso al personale ospedaliero, non ha mai mollato in un momento difficile come la pandemia».