Lo sconto sul ddl Cirinnà è al dunque, in aula. La legge si propone di dare una cornice giuridica alle unioni civili e – al momento – di introdurre la facoltà di “adozione” (termine improprio ma che rende l’idea) da parte di coppie omosessuali di bambini figli di precedenti unioni. I voti segreti a cui assisteremo in Senato saranno un passaggio delicato e drammatico: saranno anche l’occasione per verificare l’effetto del Family day, l’evento del 30 gennaio cui questo giornale ha guardato e guarda con laica simpatia. Centinaia di migliaia di persone che si mobilitano a proprie spese non godendo certo di “buona stampa” sono un segnale confortante di libertà. La narrativa con cui è stato presentato il ddl puntava ai toni di una rivoluzione “minimal”: poche, piccole innovazioni per uniformare il nostro Paese ad altre legislazioni. L’avvicinarsi del voto d’aula ha però permesso di focalizzarsi su alcuni passaggi che non sono irrilevanti: il rischio di legittimare istituti familiari paralleli e quello di aprire nei fatti alle pratiche di cosiddetto utero in affitto comportano rischi culturali, sociali ed economici cruciali. La tradizione cristiana inquadra antropologicamente il problema, ma non c’è bisogno di un approccio di fede per riconoscere l’approssimazione di certi argomenti sulle presunte “emergenze” da sanare col ddl Cirinnà (a proposito, scarsissima attenzione ha avuto il capitolo sulla reversibilità, mentre economicamente sarebbe il più rilevante).
Anche per questo, presentiamo oggi alcuni dati significativi raccolti – rispettivamente – dalla diocesi nei nostri decanati e dal centro studi della Cgia di Mestre (pagina 5) in tutte le province italiane. Sono relativi all’aumento di richieste da parte di famiglie italiane ai centri d’aiuto e al delicatissimo nodo delle sofferenze bancarie, di cui ha parlato anche il ministro Padoan nell’incontro di venerdì scorso in villa Reale (servizi nel Cittadino Più). La cultura del piagnisteo non ci appartiene: questo è un territorio forte e sano. Ma guardare le ferite di questi anni è doveroso, se non altro per individuare le priorità dell’azione politica. Più o meno i periodi di osservazione dei dati economici nei nostri servizi sono sovrapponibili: sono gli anni della crisi dell’euro (che vista dal presente è sempre più una crisi di debito privato e non di debito pubblico) e dell’austerity indotta. Le sofferenze bancarie sono i crediti deteriorati di famiglie che non riescono a stare dietro al mutuo perché han perso il lavoro e di imprese che non vendono più per il crollo della domanda interna e faticano a “rientrare”. Le strategie fin qui tentate per sanare questi crediti insicuri in accordo con la Ue, insieme all’applicazione del bail-in, sembrano fin qui aver aumentato le incertezze.
Accostare questi numeri con la legge Cirinnà non è un esercizio di benaltrismo. Se guardiamo alla storia e alla vita della Brianza, l’istituto familiare inteso non come Mulino Bianco ma come possibilità di generazione, educazione, cura, custodia delle differenze sessuali e generazionali, è un fattore alla radice della forza economica, culturale e imprenditoriale di quest’area. E in fondo è così per tutta l’Italia. Vista la situazione, tenerne conto sarebbe utile.