Sono 35 i dipendenti della Provincia di Monza che rischiano il posto a causa dei tagli alla spesa per il personale imposti agli enti intermedi dalla legge di Stabilità. Sono tanti, certo, ma non quanti in molti hanno temuto per mesi: i conteggi nella sede di via Grigna sono ancora in corso e l’elenco può modificarsi di giorno in giorno.
Negli ultimi tempi molti lavoratori hanno cercato di fuggire: 26 sono andati o potranno andare in pensione a breve, 16 hanno trovato una nuova collocazione mentre una quarantina potrebbe ottenere un nuovo impiego in comuni dentro e fuori la Brianza.
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I sindaci, ha spiegato lo scorso giovedì il presidente Gigi Ponti al consiglio provinciale che si è riunito per la prima volta nella nuova sede, hanno risposto all’appello lanciato a gennaio e hanno indicato i profili che potrebbero essere assorbiti dai municipi che domandano soprattutto funzionari, impiegati e personale amministrativo.
«Abbiamo fatto – ha affermato Ponti – un lavoro complicato perché non abbiamo mai avuto una pianta organica abbondante. Immaginare altri tagli sarà difficile».
Eppure dovrà essere fatto, calcolatrice alla mano: nel 2014 la Provincia ha speso 11.012.190 euro per retribuire 267 persone. Nel 2015 la cifra, e non gli addetti, dovrà essere dimezzata: considerati i pensionamenti, la contrazione del numero dei dirigenti, la fuga di parecchi impiegati e le somme destinate a chi opera nel settore agricoltura che sarà riassorbito dalla Regione e in altri, come la formazione professionale che il Pirellone non ha intenzione di riprendere, balla ancora 1.245.767 euro.
È, appunto, quanto uscirebbe dalle casse brianzole per gli stipendi di 35 dipendenti. È presto per dire quale sarà il loro destino ma molti hanno buone speranze di trovare un nuovo posto in un ente locale.
I comuni, del resto, per i prossimi due anni potranno reclutare solo addetti espulsi dalle province. L’imposizione non è del tutto ben digerita dai sindaci: «Di fatto – ha commentato il monzese Roberto Scanagatti, presidente di Anci Lombardia – è un obbligo pesante in quanto rappresenta un blocco per due anni alle assunzioni a tempo indeterminato e non è detto che tra i dipendenti degli enti di area vasta si trovino tutti i profili richiesti dai comuni».
Tra i tanti nodi che il Governo deve ancora sciogliere resta quello della provenienza del personale: «Come Anci – ha aggiunto Scanagatti – chiederemo che siano possibili trasferimenti nel raggio di cinquanta chilometri, non di più». Se, infatti, gli amministratori locali prima di bandire nuovi concorsi dovranno attendere che vengano accasati gli esuberi di tutte le province italiane, rischiano di aspettare parecchi anni dato che in alcuni territori le piante organiche non sono certo risicate come quella brianzola.
Qualche chiarimento in più potrebbe arrivare nei prossimi giorni: il ministro Madia ha, infatti, annunciato il decreto che fisserà «regione per regione» i criteri da seguire nella gestione della mobilità.