Con l’auto ha investito un ciclista e si è allontanata senza prestargli soccorso ma per il giudice non può essere condannata: oltre a non ricordare il fatto, non si sarebbe neppure resa conto di averlo commesso a causa delle sue precarie condizioni di salute. La sentenza è stata pronunciata la scorsa settimana a Monza a carico di una sessantenne – difesa dall’avvocato Marco Negrini del foro di Monza – accusata di omissione di soccorso. «Un reato odioso» dice l’avvocato Negrini nella sua requisitoria finale dopo che il pm ha chiesto per la sua cliente 5 mesi di reclusione.
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Lei davanti al giudice ha raccontato che di quell’incidente nel pomeriggio del 14 marzo di tre anni fa, a Sesto, non ricorda nulla. Da vent’anni soffre di un problema di salute per il quale è in cura: «Ad esempio mi accade di bloccarmi e ripetere la medesima parola due, tre volte. Così mi dicono perché io non me ne accorgo».
Una patologia neurologica che spiega: «Si acuisce in caso di particolari stati di agitazione», ma che non le avrebbe impedito di guidare. Così quel pomeriggio va prima a prendere i nipoti a scuola e poi li accompagna in piscina. Quindi, sulla strada del ritorno, travolge un ciclista ma prosegue fino a casa senza prestargli soccorso.
«Una volta in garage ho notato il parabrezza danneggiato – dice – ma in quel momento non ho compreso cosa fosse accaduto». Ha associato quel danno a un precedente incidente avvenuto sempre quel pomeriggio mentre era davanti alla scuola dei nipoti, un episodio che a suo dire l’avrebbe fatta agitare e innescato la sua condotta successiva, quando ha investito il ciclista.
«Avevo posteggiato parzialmente davanti a un passo carraio e ho visto il proprietario di casa uscire con l’auto. Gli ho chiesto se dovessi spostare la mia macchina per farlo passare e lui, per tutta risposta, mi ha tamponato nella parte posteriore». Un racconto apparentemente surreale, non fosse che i vigili, quando sono andati a casa sua e si sono fatti accompagnare in garage, hanno notato sì il danno al parabrezza, ma anche alla coda dell’auto, quest’ultimo non associabile con quanto accaduto nell’investimento.
«La mia cliente non ha voluto fuggire – dice l’avvocato – Successivamente, saputo l’accaduto, è subito andata all’ospedale a trovare il ciclista ferito e gli ha fatto avere anche una lettera. E stato risarcito e ha deciso di non sporgere querela». Secondo il pm, visto lo stato di agitazione, l’imputata dopo il primo incidente avrebbe dovuto evitare di proseguire nella guida mettendosi così nelle condizioni di un “dolo eventuale”. Ma, secondo il suo legale, la patologia di cui soffre determina «difficoltà nella capacità di volere».