Monza le è rimasta nel cuore. In piazza Garibaldi, in Procura, d’altra parte, ha trascorso dieci anni della sua carriera. Ora, Alessandra Dolci è coordinatrice della Direzione distrettuale antimafia di Milano, dove ha raccolto il testimone da Ilda Boccassini. Con lei dieci anni fa è stata protagonista dell’inchiesta Crimine Infinito, la madre di tutte le indagini più recenti sulla ’ndrangheta in Lombardia e in Brianza. Proprio in occasione di questo anniversario – tra il 5 luglio con la prima ondata di arresti e il 13 luglio 2010 col blitz degli elicotteri su Desio – “il Cittadino” ha voluto incontrarla.
Alessandra Dolci è entrata in magistratura nel 1986. Prima di approdare alla Procura della Repubblica di Milano, ha prestato servizio alla Procura di Monza, dove, sotto la guida dell’allora capo dell’ufficio giudiziario Antonino Cusumano e insieme al collega sostituto procuratore Walter Mapelli, è stata protagonista dell’inchiesta Mani pulite di Monza, scattata nel giugno del 1992.
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L’operazione Crimine Infinito compie dieci anni. E da allora la Dda ha condotto diverse indagini sulla ’ndrangheta in Brianza. Cosa è cambiato?
Infinito Crimine è già, più che storia, preistoria. La ’ndrangheta ha avuto un’ ulteriore evoluzione, si è accentuato ancora di più il carattere imprenditoriale dei calabresi presenti sul nostro territorio. A latere delle attività imprenditoriali, sempre gestite con il metodo mafioso, c’è sempre un fiorente traffico di sostanze stupefacenti, questo ci porta a pensare che le attività di impresa siano finanziate in parte con i proventi del traffico di stupefacenti. È di due settimane fa il sequestro nell’intercapedine di un appartamento che fa capo a un grosso trafficante di droga, che traffica anche con i calabresi, di 17 milioni di euro in contanti, custoditi in 28 scatoloni
(VIDEO). Quindi abbiamo da un lato ancora la droga e dall’altro soprattutto perniciose alleanze con una parte del mondo imprenditoriale, già aduso ad evadere le imposte e a inserirsi nel settore delle commesse pubbliche attraverso l’elargizione di mazzette, quella imprenditoria border line che non si fa scrupolo di fare affari con la ’ndrangheta. Cosa è cambiato? È cambiato che i nostri indagati si sono fatti più accorti. In Crimine Infinito avevamo moltissimi sensori, moltissime autovetture che erano ambientalizzate, adesso nessuno dei mie indagati parla in macchina, le comunicazioni avvengono camminando sui marciapiedi o in mezzo alla strada. Dobbiamo ancora di più affinare la nostra capacità investigativa. Infinito Crimine si fondava esclusivamente su investigazioni di carattere tecnico quindi devo dire che i nostri investigatori, in particolare i carabinieri di Monza, sono stati abilissimi. Lì non ci sono dichiarazioni di collaboratori di giustizia. Sono arrivati dopo e in questi dieci anni a parte Panajia e Belnome dell’immediato post Infinito Crimine non ne abbiamo più avuti se non da ultimo un esponente del locale di Legnano-Lonate Pozzolo.
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Nell’operazione di dieci anni fa sono state arrestate 300 persone. Poi più o meno ogni anno ci sono state altre inchieste. Quanti sono gli ’ndranghetisti sul territorio?
Ricordo che in un’intercettazione ambientale uno degli indagati diceva al suo compagno di merende: qui in Lombardia stiamo 500 uomini. Noi ne abbiamo identificati poco più di un centinaio, ce ne sono molti altri da scoprire. Altra considerazione: molti dei condannati di infinito hanno scontato la pena. Per il cittadino comune è difficile da comprendere che per qualcuno ogni anno di reclusione comminato in sede di condanna equivale a nove mesi: quelli che avevano avuto lo sconto di pena per il rito abbreviato sono stati scarcerati. Un dato che potrebbe scoraggiarci? L’importante è combattere una buona battaglia. Io faccio il mio dovere, sono un soldato, l’importante è dare continuità alla azione di contrasto, a maggiore ragione ora che sono responsabile della Dda di Milano.
Seregno, Desio, Giussano: perchè la Brianza è spesso al centro delle inchieste di ’ndrangheta?
I primi insediamenti delle famiglie calabresi risalgono agli anni 50, nel territorio comasco, territorio limitrofo. Da Fino Mornasco c’è stata un’espansione che è arrivata a coprire anche le parti più vicine al territorio monzese. In un di libro di Dalla Chiesa ho letto dichiarazioni del sindaco di Giussano, Barzaghi, alla fine degli anni ottanta. Diceva: “C’è il rischio che il peggio del sud si sposi con il peggio del nord’”, con imprenditori evasori fiscali e abituati alle pratiche corruttive. Purtroppo credo che questo matrimonio si sia consumato perchè sempre più spesso ci troviamo di fronte a imprenditori che vanno alla ricerca dell’ esponente della criminalità organizzata e non viceversa. Otto volte su dieci l’imprenditore non è una vittima: ricerca i servizi che sono forniti dalla ’ndrangheta. Quello che mi allarma è la crescita del consenso. Gli ’ndranghetisti si presentano come una sorte di agenzia di servizi: si occupano di recupero crediti della risoluzione di qualunque tipo di controversia Abbiamo assistito a conversazioni di persone della ’ndrangheta per dirimere questioni tra coniugi separandi, si va affermando quella che è una sorta di giurisdizione parallela. Un altro aspetto che caratterizza la versione 2.0 della ’ndrangheta è il coinvolgimento in attività economiche prodromiche all’evasione fiscale. Ciò che mi fa riflettere è che nei processi della Dda di Milano quasi sempre le contestazioni riguardano reati societari e fiscali, bancarotte e frode fiscali, indebite compensazioni Iva, annotazioni di fatture per operazioni inesistenti, tutto quello che crea denaro cash. C’è una marea di nero che circola in questo paese che in parte proviene dal traffico di sostanze stupefacenti, ma in buona parte viene dall’evasione fiscale. Denaro che a sua volta serve per corrompere. E si corrompe non soltanto il funzionario ma anche il privato. Ricordo una vicenda che ha riguardato una catena di supermercati, la Lidl. Lì i soggetti coinvolti avevano a libro paga un dipendente che garantiva loro credo le commesse per i servizi di logistica o di sicurezza all’interno dei supermercati.
Come avviene il contatto della ’ndrangheta con gli imprenditori. E quali sono i settori in cui la criminalità organizzata è più presente?
I settori sono quello storico dell’edilizia, quello della logistica, delle cooperative di servizi, la ristorazione. Da un paio d’anni a questa parte è forte l’interesse della criminalità organizzata, soprattutto quella calabrese, alla gestione e trasformazione illecita dei rifiuti. Il reato è punito con una pena modesta, da uno a sei anni, comporta consistenti guadagni anche nel breve periodo e consente di rinsaldare legami con il mondo imprenditoriale. Cercano di stringere alleanze con gli imprenditori di quel settore: vediamo spesso soci occulti in società che gestiscono i rifiuti. Detto questo, non voglio criminalizzare le società che operano in quel settore. .
Recentemente la Prefettura di Monza ha emesso provvedimenti interdittivi per alcune società all’ingrosso che sarebbero riferibili a Cosa Nostra. C’è solo la ’ndrangheta in Brianza o ci sono anche le altre mafie?
La ’ndrangheta ha il monopolio nel contesto territoriale: ha riproposto lo stesso schema organizzativo della Calabria, significa la creazioni di locali di ’ndrangheta che hanno le stesse cratteristiche della casa madre calabrese. Cosa Nostra è presente con singole persone che rappresentano interessi in relazione a un determinato affare. È una struttura di carattere verticistico, esercitare controllo gerarchico nei confronti di gemmazioni della stessa struttura in un territorio lontano mille chilometri è difficile. La ’ndrangheta invece è una struttura di carattere federativo: ciascuna locale è autonoma sul proprio territorio e non deve rispondere a nessuno. Questo spiega perchè ci sono locali di ’ndrangheta in Svizzera, in Canada, in Australia, in Germania.
Uno dei temi su cui insiste spesso è quello dell’omertà e della inesistenza della collaborazione degli imprenditori che hanno contatti con la ’ndrangheta.
Ci sono imprenditori, vittime di estorsione, che sono stati accusati di falsa testimonianza, assolti in appello secondo un principio discutibile per cui hanno reso falsa testimonianza ma si trovavano nello stato di necessità e timore di ritorsioni. Ma così ciascun testimone può mentire nei processi di ’ndrangheta: basta che dica di avere paura. In quel caso si è creata una situazione paradossale: tre degli estorsori diventati collaboratori di giustizia dicevano “abbiamo fatto una bella estorsione, ci pagavano a rate”, mentre le vittime negavano di essere state nel mirino. A memoria mia le denunce sono rarissime.
Libera ha chiesto a istituzioni e associazioni in Brianza di fare rete per non lasciare che di ’ndrangheta si occupi solo la magistratura.
La visione dell’attività di contrasto come mero intervento repressivo è estremamente miope. Credo nella sinergia istituzionale. Ritengo che sia fondamentale il ruolo delle prefetture: talvolta è più efficace l’intervento con l’interdittiva antimafia perché determina la cessazione dell’attività. Se intervieniamo noi dobbiamo nominare l’amministratore giudiziario dobbiamo risolvere una serie di problematiche. Ricordo una misura di prevenzione nei confronti di un’azienda che faceva capo a una famiglia campana Nuvoletta quando intervenimmo con sequestro e amministratore giudiziario nel breve volgere di pochi mesi perdemmo quasi tutta la clientela perché i prezzi che erano praticati finchè c’erano i Nuvoletta erano straconcorrenziali perché i dipendenti non erano in regola. Con l’amministratore che deve mettere in regola tutti i dipendenti, fatturare tutto, i costi erano ovviamente aumentati e quindi abbiamo perso tutta la clientela. Se penso al connubio tra un certo mondo imprenditoriale e le famiglie calabresi l’esempio che faccio sempre è quello dell’edilizia, del movimento terra. Gran parte degli imprenditori che io ho sentito alla mia domanda sul perché avessero dato le commesse sul movimento terra ai padroncini calabresi notoriamente appartenenti o vicini alla ’ndrangheta tutti mi hanno risposto: ’ma cosa vuole da me questi il lavoro lo fanno nei termini stabiliti, nel cantiere non rubano neanche un chiodo, e i prezzi che fanno sono la metà rispetto ai prezzi che vengono praticati dalle ditte lombarde, io devo pensare al profitto della mia azienda’. Se l’etica imprenditoriale, deve essere questa è non è che abbiamo un roseo futuro davanti
Cosa può fare la società civile?
Ciascuno di noi può fare scelte eticamente orientate. Scelgo di andare a mangiare la pizza nel locale confiscato alla mafia. Non sarà la pizza migliore del mondo ma ha un significato la mia presenza lì. Sono queste le scelte che ciascuno di noi come cittadini siamo chiamati a fare. Quanti beni confiscati abbiamo sul territorio? Sono tanti. Cosa facciamo per ottimizzarne la gestione? Una parte di questi beni sono stati assegnati o sono stati assegnati e non vengono fruiti. È importante avere una progettualità, hanno significato simbolico importantissimo. Se confisco un bene e lo lascio lì a perdere i pezzi che immagine dò dell’intervento dello Stato? Se invece il comune chiede e ottiene questo bene e ha un progetto lo rende fruibile questo ha un valore importantissimo.