Il trapper Jordan Tinti ritenta il suicidio in carcere e scrive una lettera al padre

Il rapper di Bernareggio in carcere a Pavia avrebbe provato per la seconda volta il gesto estremo e ha scritto una lettera indirizzata al padre.

Jordan Jeffrey Baby avrebbe tentato ancora una volta il suicidio ma forse l’istinto di sopravvivenza l’ha salvato. “Lo hanno trovato in cella a terra con una ferita alla testa, privo di sensi, segno che la corda o il lenzuolo che ha utilizzato si è strappato quando è caduto a terra” ha raccontato il suo avvocato, Federico Edoardo Pisani, aggiungendo che la notizia gli sarebbe arrivata dal suo cliente.

Il trapper Jordan Tinti ritenta il suicidio e la lettera al padre

Accanto al corpo del ragazzo, una lettera indirizzata al padre: “Se starai leggendo questa lettera è perché dopo l’ennesimo tentativo di riabbracciarti e trascorrere con te tutto il tempo perso in questi anni, che fin dal primo giorno in cui sono entrato dentro le mura dell’inferno, ho avvertito una voglia matta di recuperare. Ho ceduto e perso la mia più importante battaglia: quella contro la depressione, che mi affligge da mesi ormai. Non avrei molto da aggiungere, ma allo stesso tempo ho un’infinità di cose. Ma le lacrime che sto versando mentre ti scrivo tutto ciò mi bloccano e limitano a chiederti solo scusa e perdono. Scusa per non essere mai riuscito ad essere il figlio perfetto né tanto meno mai un buon figlio. E scusami per tutto il dolore arrecato in questi anni e al dolore ti arrecherà questo mio gesto disperato, ma ti chiedo di comprendere allo stesso tempo tutto il dolore percepito, al quale oggi voglio porne fine. Voglio che tu sappia che, anche senza avertelo mai esternato, sei la persona che più ho amato in questa breve ma intensa vita. Voglio che la forza che hai sempre avuto non ti abbandoni nemmeno questa volta, perché sei la persona più forte che abbia mai conosciuto. Ti ho sempre ritenuto una sorta di supereroe, il mio preferito. Ovunque sarai sarò sempre con te, non dimenticarlo. Che giustizia venga fatta, con o senza di me in vita. Non smettere mai di lottare. Fallo per me”. “

Il trapper Jordan Tinti ritenta il suicidio e i timori dell’avvocato

Non capisco come abbia potuto mettere in atto un gesto del genere, e per la seconda volta – precisa l’avvocato Pisani – in quanto sotto sorveglianza particolare da tempi non sospetti. Ma a questo punto cosa stanno aspettando? Che magari ci riesca davvero? Del resto anch’io non nascondo che non so cosa altro fare. L’ho visto il giorno dopo l’accaduto e mi rendo conto che sente il peso di un’ingiustizia che, dico la verità, sento anch’io. Credo che sia veramente esagerato il trattamento che gli stanno riservando”. Jordan Tinti, e il suo amico Gianmarco Fagà, ricordiamo che durante la rapina consumata presso la stazione ferroviaria di Carnate, il 10 agosto dello scorso anno,  presero di mira il nigeriano Iyaogeh Francis Aliu accompagnando le loro “gesta” da grida razziste che probabilmente, nelle valutazioni penali dei magistrati, non passano certo in secondo piano: “Vogliamo ammazzarti perché sei nero” avevano urlato.

Il trapper Jordan Tinti ritenta il suicidio e la possibile comunità

Frasi che fecero scattare la grave accusa di discriminazione razziale. I giudici, nelle motivazioni del rigetto della domanda di misura alternativa presentata l’11 gennaio scorso, avevano anche affermato di apprezzare la presa di coscienza dei suoi problemi, la volontà di prendere contatti con il Sert e le visite con uno psicologo del carcere. Sostengono che sia necessario che il ragazzo inizi un percorso terapeutico in comunità. E proprio nella giornata di martedì 14 febbraio, ci ha confermato il suo avvocato: “ha ricevuto una telefonata dal Sert di Vimercate dove gli è stato comunicato che c’è un posto disponibile“.