Il figlio di Giulio Andreotti: “Mio padre ci ha giurato di non avere avuto a che fare con la mafia”

Stefano Andreotti al Cittadino: "Mio padre ha sempre giurato a noi figli di non avere avuto a che fare con la mafia".
Stefano Andreotti
Stefano Andreotti

Un ritratto inedito di Giulio Andreotti. Quello di un padre dolce, sempre pronto a viziare i quattro figli. A dipingerlo è Stefano, 70 anni, penultimo figlio del senatore a vita e sette volte presidente del Consiglio, che ha contattato il Cittadino all’indomani della presentazione del libro “L’imputato imperfetto” del monzese Paolo Intoccia, dedicato al procedimento penale che coinvolse suo padre per reati di associazione a delinquere semplice e di tipo mafioso.

Stefano Andreotti, carte alla mano, confuta le tesi sostenute nel testo e si rammarica del fatto che l’autore non abbia consultato l’archivio Giulio Andreotti presso l’Istituto Sturzo di Roma, che conserva documenti raccolti dal padre tra il 1945 e il 2009: «Fogli che se venissero impilati misurano 700 metri».
Andreotti ricorda l’assoluzione senza rinvio (sentenza della Cassazione) del padre per l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli e soprattutto il pronunciamento della Suprema Corte dopo il processo più controverso, quello di Palermo, che «non ha lasciato nessun dubbio sui rapporti di mio padre con Cosa Nostra».

Il figlio di Andreotti e la memoria del padre

I dodici anni in cui si celebrarono i diversi processi furono terribili per tutta la famiglia Andreotti. «Papà -riprende il figlio- inizialmente stette molto male, poi riuscì a reagire. Per mia madre, invece, fu un duro colpo. Si ammalò e la sua salute ne risentì anche negli anni successivi. Posso dire che mio padre è morto sereno. Era un laico, ma in politica ha espresso la dottrina cristiano sociale della chiesa. A noi figli ha sempre giurato di non avere mai avuto nulla a che fare né con la mafia né con l’omicidio Pecorelli».
Stefano Andreotti si sta dedicando con la sorella minore Serena alla conservazione e alla diffusione delle memorie del padre. Insieme hanno riportato alla luce e pubblicato alcuni dei diari del genitore e di recente hanno raccolto in un libro alcune delle quattrocento lettere che Giulio Andreotti scrisse alla moglie Livia tra il 1946 e il 1970.

«Purtroppo -spiega- non abbiamo trovato le risposte di mamma. Lei aveva conservato gelosamente in un armadio le missive di papà. Alcune gliele scriveva mentre eravamo in vacanza. Ricordo che da ragazzi passavamo l’estate nella foresteria del convento delle Suore Benedettine di Priscilla, un ordine fondato da uno zio di mamma. Quando noi non eravamo a Roma, papà spesso non andava a casa, ma si fermava a dormire in un convento».

Stefano Andreotti, i pranzi dai genitori, la politica

L’amore tra i suoi genitori è il ricordo più bello che Stefano Andreotti conserva: «Si sono fidanzati nel 1944 e sposati l’anno successivo. Hanno vissuto insieme fino al 2013, anno in cui è mancato papà. Fino a quando la loro salute lo ha permesso, per noi figli era un rituale andare a pranzo da loro il sabato o la domenica».

La casa di famiglia non è mai stata un punto di incontro per i tanti personaggi che Andreotti ha conosciuto. «Papà teneva ben separato il suo impegno politico dai suoi cari -precisa- Non nego, però, di aver incontrato uomini politici. Moro lo conoscevo perché portava i figli a catechismo dalle Suore di Priscilla dove andavo anche io. Cossiga ci è venuto a trovare una volta a Cortina. Alloggiavamo in un collegio delle Suore Orsoline».

«Mio padre – conclude il figlio Stefano – ha vissuto una vita intensa. Anche se spesso non era fisicamente presente ci ha seguito tanto e ci ha insegnato ancora di più».