Alma, i fratelli Niso e Peppino, mentre la madre Pina è la prima a testarla e ad approvarla.
È l’inizio di un’impresa che porterà alla nascita di “Candy”, il colosso degli elettrodomestici.
Tutti conoscono il marchio, pochi conoscono (anche per la nota riservatezza brianzola) chi c’è dietro quella storia di successo. Ci ha pensato il regista, attore e drammaturgo Massimiliano Finazzer Flory a riempire questo vuoto con un docufilm emozionale che sarà presentato il 2 settembre al Lido di Venezia in occasione dell’Ottantesima mostra del cinema e poi il 5 settembre con una doppia rappresentazione (una su inviti) al teatro Manzoni a Monza.
Il docufilm sulla Candy: al centro la figura di Peppino
“La storia di Peppino Fumagalli. La Candy, le imprese, la famiglia” è il titolo scelto, perché per raccontare la famiglia si parte dal quartogenito di Eden, Peppino appunto, che nel 1946 aveva diciotto anni e ascoltando una canzonetta americana, Sugar Candy, ebbe l’idea del marchio. “I figli cercavano un modo per ricordare la figura del padre scomparso nel 2015 e io ero in cerca di un progetto che per raccontare l’Italia del Novecento-spiega il regista- mi piace l’idea di una famiglia partita con pochi mezzi, capace con il lavoro, l’ingegno, il sacrificio di creare un impero senza dimenticare le proprie radici. Un bel messaggio per i nostri giovani“.
Il docufilm sulla Candy, 55 minuti con tanta Brianza: da Brugherio a Monza
Nei 55 minuti di film gli “attori” sono i quattro figli del “Signor Candy”: Laura, Aldo, Lella e Beppe. Lo ricordano nei momenti privati, un uomo che non amava perdere tempo, che trovava sempre il tempo per la famiglia, un uomo capace di infondere energia, ma anche un capitano d’Impresa nominato dalla Regina Elisabetta II Honorary Commander of the British Empire dopo l’acquisizione di Hoover da parte di Candy, invitato a cena sul Britannia dall’allora Principe Carlo. “Per realizzare il docufilm– spiega il regista- ho dovuto ricomporre i pezzi perché non c’è un archivio aziendale. Ho trovato fotografie e documenti in famiglia, poi filmati dell’istituto Luce, in alcuni passaggi è lo stesso Peppino a raccontarsi attraverso interviste d’epoca“.
Sullo schermo scorrono i luoghi che meglio raccontano la storia di Peppino Fumagalli: ci sono gli stabilimenti di Brugherio, quelli in Inghilterra, c’è Monza, la Villa Reale, il roseto voluto dal fratello Niso, la villa di Campione in Brianza dove amava ritirarsi con la famiglia. Poi c’è la voce di chi era con lui sul Britannia, l’architetto che ha costruito Puntaldia in Sardegna con le case e il campo da Golf perché voleva un turismo sostenibile.
Il docufilm sulla Candy: “Fumagalli un grande innovatore”
“Peppino Fumagalli è stato anche un grande innovatore della comunicazione-prosegue Finazzer Flory– ha sponsorizzato la squadra del Liverpool, la Formula 1, la Virtus Bologna. Le pubblicità dei prodotti Candy si sono sempre distinte per l’eleganza con cui veniva rappresentata la figura femminile e con slogan che sono ancora indelebili nella memoria come “Candy sa come si fa”“. Se al centro del film c’è la figura di Peppino Fumagalli non possono mancare i ricordi degli altri fratelli e dei nipoti.
“Una famiglia unita – spiega Finazzer Flory- tre fratelli che andavano molto d’accordo e che sono riusciti a trovare un proprio ruolo in azienda in campi diversi: Enzo scomparso prematuramente aveva portato l’idea dall’America, Niso era geniale, Peppino aveva la visione commerciale e internazionale“.
Altre voci contribuiscono a tessere il racconto: i nipoti fanno il ritratto più intimo del nonno che amava riunire tutta la famiglia in occasione del Thanksgiving, una tradizione nata per ricordare il fratello Enzo.
“Più tacchino si mangia– è ancora il motto dei Fumagalli – più benedizioni si avranno“.
Il docufilm sulla Candy, la storia fino alla cessione ai cinesi
In fabbrica invece il regista entra in scena come intervistatore: c’è la voce di chi ha lavorato accanto a Fumagalli e che lo ricorda non come un padre-padrone, ma come un vero capitano d’impresa che amava condividere le scelte, una persona capace di una generosità silenziosa.
Quando nel 1994 lasciò le chiavi dell’azienda ai nipoti Silvano e Maurizio , figli di Niso e ai figli Aldo e Beppe disse che aveva capito che grande atto di generosità aveva fatto suo padre quando fece lo stesso gesto verso i suoi figli. È stata la terza generazione a condurre l’azienda fino alla cessione ai cinesi di Haier nel 2021. “Ho percepito anche in questo frangente-conclude il regista- una famiglia unita che ha preso una decisione in modo sereno, l’unica possibile per tutelare il nome e far crescere l’azienda“.