Divorzio Bellusco-Mezzago: dal 2023 sparisce l’Unione dei comuni

La maggioranza in consiglio comunale di Mezzago dà il via libera alla separazione dell'Unione dei comuni con Bellusco.
Il sindaco Massimiliano Rivabeni (Cambia Mezzago), a sinistra, e Giorgio Monti (Mezzago Democratica)
Il sindaco Massimiliano Rivabeni (Cambia Mezzago), a sinistra, e Giorgio Monti (Mezzago Democratica) Gabriele Galbiati

È ufficiale: dal prossimo anno non esisterà più l’Unione Lombarda dei comuni di Bellusco e Mezzago. La fine dell’ente è stata decretata dal consiglio comunale mezzaghese che martedì sera ha votato a maggioranza la proposta di recesso avanzata da Cambia Mezzago. Insomma, divorzio, non consensuale.

Un voto che non è stato immune da polemiche con il gruppo di minoranza Mezzago Democratica (al governo del paese nel 2016 quando era stata costituita l’Unione) che ha più volte chiesto ai rappresentanti di Cambia Mezzago (che sempre nel 2016 avevano votato favorevolemente alla sua costituzione) di fornire dati oggettivi a supporto della decisione o che comunque venisse preso più tempo per valutarne i pro e i contro.

Bellusco-Mezzago: le parole dell’assessore sul divorzio

Le motivazioni della scelta sono state elencate dall’assessore di Mezzago Carlo Severgnini: «Le economie di scala promesse non solo non sono state raggiunte ma non sono state nemmeno messe le basi per raggiungerle – ha detto durante il consiglio -. La ripartizione effettiva delle risorse degli uffici non rispetta il previsto bilanciamento, un fatto che è stato riscontrato su base pluriennale. Per quanto riguarda il computo delle agevolazioni economiche e assunzioni legate al far parte dell’Unione riteniamo che in questi anni non siano state adeguate ad affrontare le inefficienze, in particolare l’impiego della “risorsa tempo” del personale non si è trasformato in servizi aggiuntivi».

Non sono mancati riferimenti anche la controparte di Bellusco: «Dopo gli innumerevoli tentativi fatti in questi anni riteniamo sia poco utile procedere con ulteriori strumenti di confronto e discussione – ha proseguito Severgnini -. I comportamenti riscontrati in questi anni rispecchiano due modi diversi di amministrare con Mezzago che ricerca un equilibrio tra efficenza e agilità e Bellusco più legata invece all’affiliazione politica. Questi non è un atto di accusa ma una presa di coscienza di diverse visioni politiche e amministrative che partono comunque entrambe dalla volontà di garantire ai cittadini un miglior servizio possibile».

Divorzio Bellusco-Mezzago: le esperienze positive

La maggioranza di Mezzago ha inoltre fatto sapere che alcune “esperienze positive” verranno portate avanti come l’adesione al comando sovracomunale di Polizia Locale, alla quale il comune afferisce come Unione. Le motivazioni non hanno però convinto la minoranza consigliare, con il consigliere Paola Solcia che ha dichiarato «sconcertante» la modalità con cui la decisione è stata presa: «Parlate di una ripartizione non corretta, di interferenze politiche, di carichi di lavoro aggiuntivi, di inefficienza di risorse. Ma non supportate queste affermazioni con un dato concreto. La vostra è una scelta a caldo, poco ponderata, e senza prospettiva futura».

Bellusco e Mezzago divorziano: l’ex sindaco Monti

Anche l’ex sindaco di Mezzago Giorgio Monti ha attaccato la maggioranza per la decisione presa «per motivazioni di malessere personale – ha commentato -, ed è sbagliato che la sopravvivenza di un ente dipenda dalla capacità personale di rapportarsi con gli altri. La natura dell’Unione era quella di essere strumento per perseguire obiettivi delle due comunità non credo che nessuno abbia mai negato a una parte o all’altra di perseguire i propri programmi. Non si è voluto entrare nel merito delle motivazioni ne aprire un canale di confronto. Prima di costituire l’Unione il confronto c’era stato, ed era stato coinvolto anche il gruppo di minoranza di Cambia Mezzago che aveva votato a favore dell’Unione. Non so quanti benefici possa portare questo ritorno all’Autonomia identitaria di cui parla Cambia Mezzago, perché non sono state portate evidenze, se non quella di mostrare a che gruppo politico faccia riferimento la maggioranza».