“Diverso da chi?”: le Guerre dei Roses tra i disabili

LEGGI Tutte le puntate - Diverso da chi?”, la rubrica di Nicolò Cafagna. Con franchezza e (molta) ironia racconta la sua vita con disabilità. Invidie e ripicche, le Guerre dei Roses tra disabili.
“Diverso da chi?”: le Guerre dei Roses tra i disabili

Qual è il problema più grave e importante che affligge il mondo della disabilità, detto dei “sofferenti”? A questa domanda qualche bipede attivo alzerebbe la mano per affermare: «La scarsa assistenza da parte dello Stato».


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Beh sì, ma è un problema marginale, dal momento che molti sofferenti sono altamente pigri, o non autosufficienti; qualcun altro l’alzerebbe per affermare: «L’inaccessibilità», ma questo è un falso mito: noi adoriamo stare in casa; mentre i bipedi più acculturati punterebbero l’attenzione sulle barriere culturali. Altro falso mito: i sofferenti sono buoni per natura, non devono lavorare né uscire, e con un pizzico di pietà sono più succulenti. Almeno una l’azzeccate? Il problema più importante e più radicato del mondo dei sofferenti è la rivalità insita tra le varie disabilità. Una guerra tra poveri, dove più si scende sotto la soglia di povertà più la guerra diventa feroce. Infatti si acuisce all’interno della stessa disabilità o, per non tradire il tema bellico, reggimento; si incattivisce tra le diverse malattie o battaglioni; mentre risulta insanabile tra i “commilitoni” della medesima compagnia (in questo noi francesini, del 10º Plotone distrofici di Duchenne, eccelliamo).

“Diverso da chi?” intende informare l’opinione pubblica sul difficile mondo dei “sofferenti”, fatto di invidie e ripicche. Partiamo dai ciechi, che non possono proprio vedere né i sordi né i disabili fisici (addirittura neanche gli altri ciechi) e per sicurezza girano armati di bastone, o accompagnati da feroci cani; a loro volta i sordi non sentono le ragioni altrui, perché non c’è peggior sordo di chi non sente per davvero; ai muti sembra che le cose vadano bene così: non si pronunciano mai; e infine ci siamo noi – i disabili carrozzati – che, a essere onesti, non facciamo nessun passo per avvicinarci ai nemici di cui sopra.

Il campo, invece, diventa minato tra le differenti malattie, in particolare tra i miei colleghi di seduta, su cui ho accumulato maggiore esperienza. Nel reggimento che rappresento, infatti, troviamo i malati di Sla, che se la tirano in maniera inverosimile, sono prepotenti e pieni di sé: ricordo che distrofici si nasce, “e io lo nacqui”, mentre loro arrivano tardi e si prendono pure il posto d’onore. Certo sono i più “in gamba”, poiché è come se fossero laureati ad Harvard con un master conseguito al Mit: al vertice dell’Olimpo della disabilità. Aggettivo: presuntuosi. Seguono i laureati alla Sorbona, per l’appunto i francesini. Secondo posto sul podio, per cui tocca fare un gradino. Aggettivo più consono: incompresi. Chiudono i malati di Sma, che fanno pubblicità occulta a una catena della grande distribuzione, di cui non farò il nome (ops, l’ho appena scritto, vedete come ingannano?). Aggettivo: subdoli.

Per giunta i primi si vantano perché possono schierare diversi calciatori; gli ultimi hanno dalla loro la parlamentare Ileana Argentin, per cui spalle coperte; mentre noi possiamo solo definirci i figli di… (chi sta pensando male è espulso da questa rubrica) i figli di papà, perché annoveravamo il figlio di Enzo Ferrari – da cui la Dino Ferrari, l’unica automobile affetta da distrofia – e il figlio di Jerry Lewis (mica pizza e fichi).

Dulcis in fundo “La guerra dei Roses”, il derby fratricida tra distrofici: dalla parte giusta noi francesini, dall’altra i distrofici di Becker – ovvero “Gli amici di Boris”, poiché fanatici del tennista. Non c’è che dire, la stracittadina la vinciamo a ruote sgonfie: loro avranno vinto qualche Wimbledon, noi abbiamo fatto la Rivoluzione Francese e inventato il Cancan, scusate se è poco. Ma le note dolenti per Gli amici di Boris risiedono nel fatto disonorevole di camminare più a lungo; destano meno attenzione in società; e, spesso e volentieri, non possono fregiarsi del titolo di “disabili gravi”. Tirando le somme, allo stadio: «Siamo noi, siamo noi, a degenerare prima di voi; siamo noi…».

(*pubblicata su il Cittadino di Monza e Brianza il 28 gennaio 2016)