Come in un qualsiasi campeggio, le tende si alternano alle casette di legno. Sono disposte ordinatamente, a distanza regolare le une dalle altre. Sono tende dall’apertura e dalla chiusura rapida, singole oppure grandi abbastanza da accogliere anche tre o quattro persone, e sono “case mobili” con tanto di maniglie alle porte.
Chi ha deciso di occupare l’ex Diefenbach per l’inverno ha voluto attrezzarsi: ha allestito nelle viscere dell’area dismessa una vera e propria città, a oggi abitata almeno da una sessantina di nomadi. Le operazioni di trasloco hanno preso il via settimana scorsa. Nel tratto terminale di via Borgazzi il via-vai era costante e non passava inosservato: c’erano interi furgoncini da scaricare. Bianchi, dai vetri oscurati, targati Polonia e Romania. Erano colmi di assi di legno e di pannelli di plastica. Parcheggiati di fronte all’ex Diefenbach, venivano scaricati da una catena di uomini. Si passavano le assi e i pannelli di mano in mano: gli ultimi anelli della catena provvedevano a trasportarle negli spazi più interni dell’azienda, dismessa ormai da decenni, che in passato produceva frantoi, presse e filtri per olio.
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Terminate le operazioni di scarico, durate un paio di giorni, gli uomini hanno dato il via a quelle di assemblaggio. I lavori, così, sono continuati a ritmi serrati. E hanno completamente trasformato gli interni della vecchia fabbrica, facendola somigliare a una vera e propria cittadella: alle “vie” che hanno ricavato al suo interno mancano solo i numeri civici. La cancellata d’ingresso è rotta in più punti: al “fortino” si accede facilmente. E se nel corridoio centrale si nota solo una baracca, quasi una guardiola, una sorta di portineria, la situazione si ribalta completamente percorrendo il corridoio di destra.
Al suo ingresso un grande fuoco accoglie e riscalda chi torna a “casa”. Alle sue spalle le file di tende e di baracche di legno e di plastica si srotolano per tutta la lunghezza dell’enorme spazio. A interrompere l’ordinato susseguirsi di soluzioni abitative di tutto rispetto, soprattutto per le dimensioni, pentole e vivande e bucato steso a vecchi fili di ferro e appeso a vecchi ganci. I rifiuti, di qualsiasi tipo, sono accatastati nello spiazzo che si apre sulla sinistra del corridoio centrale: radiatori, ruote di automobili, ferraglia, bottiglie, scarti alimentari. Da quel punto si accede all’altra ala dell’ex fabbrica: uno sguardo rivela subito altri quartieri, più periferici, della cittadella.