Dai frutti della terra, dal rispetto dei tempi della natura, ecco l’occasione per ripartire con un passo diverso: quello dell’agire comune per il bene di tutti, in particolare delle fasce più deboli. Per ritrovarsi poi con un raccolto fatto d’integrazione e socializzazione. Parte da qui l’idea di “#Coltivoanch’io”, progetto a Monza di “inclusione agricola” che miete adesioni e consensi e conduce a un campo di oltre 4mila metri quadrati in via Papini, quartiere Libertà.
Il vino di Monza. Qui, in un terreno che la Fondazione Alessio Tavecchio ha messo a disposizione, sta nascendo un borgo rurale che attinge al passato per proiettarsi nel futuro. Ne è l’emblema l’idea di dedicare mille metri dell’area all’impianto di un vigneto. Di fatto, sognando tutti insieme una produzione di vino di Monza che fa tesoro dell’esperienza e del forte legame con il territorio del Gruppo Meregalli e punta anche sul coinvolgimento delle giovani generazioni.
«Diciamo che questo vuole essere il nostro “Cru”», dice sorridendo Marcello Meregalli. E in fondo qui l’intero progetto è come un Cru a tutti gli effetti, anche oltre il vigneto, per unicità e qualità.
Le fasce deboli sono al centro di tutto: disabili, richiedenti asilo, anziani, donne in difficoltà qui troveranno un luogo dove l’inclusione sarà la regola. E le attività agricole saranno lo strumento per coinvolgere tutti. Lunghissimo l’elenco delle realtà impegnate: oltre a “Tavecchio”, “L’arte di amarsi” onlus (capofila, guidata nel costruire la rete operativa da Csv di Monza e Brianza), Desbri, gli istituti Borsa e Mapelli, Social time onlus, Villasanta Attiva, Il Salto asd, Associazione paraplegici lombardia, Us Tremolada, Comune, Mw radio (anche “il Cittadino” è media partner del progetto) e alcune aziende che hanno aderito nell’ottica di una responsabilità sociale d’impresa.
Proprio come Giuseppe e Marcello Meregalli, che in questi giorni hanno fatto un sopralluogo in via Papini, accompagnati dall’enologo in arrivo dalla zona del grossetano dove il Gruppo ha la sua tenuta Fertuna.
Le piante di Expo. E nel campo, mentre i ragazzi-richiedenti asilo ospiti del centro di via Spallanzani, guidati dagli educatori del Consorzio Comunità Brianza, sono già al lavoro per dissodare il terreno e prepararlo a rifiorire e per piantumare alberi fruttiferi in arrivo da Expo 2015 (custoditi per due anni da Ersaf), i partner del progetto discutono di viti, di barbatelle in arrivo, di una rete d’irrigazione adatta, di spazi tra filari adeguati per permettere il passaggio delle carrozzine dei disabili. In arrivo un vitigno piuttosto rustico, Barbera forse.
E infondo, a guardare bene l’area ancora da pulire, da zappare, da preparare, da attrezzare, ci si rendere conto che i primi frutti sono già maturi: l’incontro e lo scambio, aperto a tutti, in una chiave di cittadinanza attiva con la cura comune, e gratuita, di un bene si è già innestato. Competenze diverse, che si uniscono, con il desiderio di promuovere aggregazione sociale, solidarietà, cura dell’ambiente, scambio dei saperi tra generazioni, riavvicinamento alla cultura agricola del territorio ma anche inclusione di persone con disabilità o in difficoltà.
Contadini ed esperti. Nei prossimi giorni Desbri individuerà anche un contadino che si occuperà dell’area. La collaborazione con la Scuola agraria del Parco è già in essere per applicare nella parte a orto metodi di coltivazione innovativi. E per brindare a un progetto d’eccezione il vino monzese è l’ideale. Ci vorrà ancora un po’.
Il sogno dei Meregalli è quello di arrivare a una prima produzione di un centinaio di bottiglie. Certo, non per fini commerciali ma per sostenere il progetto e magari ampliarlo. “#Coltivoanch’io” ha di recente vinto un finanziamento con il Bando volontariato 2018, promosso da Comitato di gestione del fondo speciale, Centri di servizio per il volontariato della Lombardia (CSVnet), Regione Lombardia e Fondazione Cariplo, per un totale di oltre 49mila euro.