La questione è puramente tecnica, ma comporta, potenzialmente, una differenza di 10 anni di galera, in una vicenda tragica come quella della morte di Salvatore Marsiglia, 52 anni, ucciso lo scorso 7 marzo nell’appartamento di famiglia in via Pala Bianca.
Trent’anni di reclusione per la figlia Jessica Marsiglia, 20 per la moglie Rosaria Saitta. Pene differenti per il diverso grado di parentela con la vittima (anche se “egualmente responsabili”), quelle chieste giovedì dal pubblico ministero Salvatore Bellomo nel processo alla ragazza di 25 anni e alla madre di 49, accusate di omicidio volontario in relazione all’assassinio del padre e marito delle imputate.
L’uomo era stato ucciso in casa, colpito ripetutamente con un martello, e due coltelli, visto che il primo dei due si era spezzato, per via della lama troppo sottile. Ad influire sulla diversa valutazione della pena da parte della pubblica accusa, è stato il diverso ‘peso’ dell’aggravante del vincolo di parentela, che è più rilevante nel caso di rapporto di discendenza diretta, quale quello della figlia Jessica, rispetto a quello di coniugi, quindi relativo alla moglie Rosaria.
La difesa, rappresentata dagli avvocati Attilio Villa e Alessandro D’Addea, ha chiesto invece, in prima istanza, il riconoscimento della legittima difesa putativa, o almeno che venisse riconosciuta l’attenuante della provocazione, sostenendo che le due loro assistite, erano prostrate psicologicamente dall’uomo, che in casa teneva un atteggiamento “autoritario e oppressivo”. La sentenza, è attesa per il prossimo 18 dicembre.