Cent’anni lui, 96 lei, 73 anni di matrimonio: la bella storia di Rinaldo e Giuseppina

Domenica 21 giugno, a Monza, grande festa per il secolo di vita di Rinaldo Duranti. Da sempre appassionato di biciclette, si toglie ancora lo sfizio di qualche pedalata, magari per andare a comprare un mazzo di fiori per la moglie.

La festa in suo onore, nel cortile del condominio, giungeva al termine. Allora lui si alzò dalla sedia e aiutò la moglie nella medesima operazione, dopodiché le diede la mano, e mano nella mano, circondati dai bambini, percorsero il marciapiede per raggiungere l’ingresso della loro scala: lui sereno e con passo claudicante, lei con il volto soddisfatto e pieno d’amore.

Sembra siano passati solo pochi mesi da quel 10 aprile 1942, giorno in cui, nella chiesa di San Carlo, Rinaldo Duranti e Giuseppina Villa si sono sposati. Domenica 21 giugno 2015 lui di anni ne ha 100 e lei “solo” 96. 73 anni di matrimonio, ma il loro amore è vivo come appena sbocciato: lui non si stanca di ricordarglielo, per questo quando torna a casa le porta spesso dei fiori, oppure quando esce con la bicicletta – sì, perché un centenario non può andare in giro in bicicletta? – guarda se la moglie è alla finestra e se la vede le manda un bacio.

Cent’anni vissuti ad amare la vita e la moglie, senza dimenticare le sue bicicletta. Passione, questa, mai tramontata: da giovane la usava per necessità e per diletto, le cui uscite erano degne di una tappa del Giro d’Italia; ora solo per necessità: «Finché non ho problemi perché non la posso usare?», si chiede pragmatico. E come dargli torto?

Cent’anni nei quali ha conosciuto e preso parte alla guerra, che l’ha segnato nello spirito – «Ricordo com’era faticoso portare i feriti sulla barella per chilometri, ti distruggeva le braccia» – sia nella corpo – «Ero in Francia quando una bomba mi è scoppiata vicino e alcune schegge mi si sono conficcate nel ginocchio». Per questo venne congedato, ma la guerra non si dimenticò di lui: «Lavoravo alla Pirelli quando una bomba ha centrato l’edificio in cui mi trovavo – ricorda vividamente -, fortunatamente ero in ascensore, per questo mi sono salvato». Ma una volta liberato, con la bicicletta «aiutai a trasportare i feriti, mentre i morti ricordo erano più di 60».

Cent’anni vissuti nella sua Monza, dove nasce il 20 giugno del 1915. L’infanzia non fu facile, poiché all’età di 3 anni perse la madre e una sorella di 10 mesi, a causa della spagnola. Restò con 2 fratelli e il padre, il quale poi sposò la sorella della defunta moglie (come in questi casi accadeva facilmente all’epoca), che diede a Rinaldo altri 3 fratelli. Lui il primogenito, l’unico dei fratelli ancora in vita.

Cent’anni che lo tengono ancora attivo: «Non riesco mai a stare fermo», afferma serafico. A confermarlo sono le sue attività: fa il cruciverba, legge, si occupa di botanica (cura più di cento piantine), gioca a carte – «Giochiamo d’azzardo, un euro a persona» -, segue lo sport in tv. A 97 anni «ho smesso di giocare a bocce a causa del ginocchio», così come la patente: «Non mi andava di rinnovarla ogni anno e poi quello di cui ho bisogno lo posso raggiungere con la bicicletta».

Cent’anni, in gran parte, vissuti felicemente al fianco della moglie, perché se l’amore è eterno finché dura, in questo caso è solo e semplicemente eterno.