Le indagini sul “caso Vaprio” sembrano in queste ore confermare la versione di Francesco Sicignano, il pensionato che ha ucciso un ladro. Secondo gli inquirenti infatti il suo racconto («Gli ho sparato in casa») sarebbe confermato dalle perizie: l’accusa nei suoi confronti appare destinata a essere derubricata da omicidio volontario ad omicidio colposo con eccesso di legittima difesa, se non addirittura legittima difesa (con eventuale richiesta di archiviazione).
Tra gli investigatori resta però un dubbio, che non sposta la dinamica ma che, se confermato, aggiungerebbe un elemento di grande interesse: Francesco Sicignano, l’ex imprenditore oggi il lista per Forza Italia alle prossime comunali di Milano, e Gjergi Gjonj, da lui ucciso con un colpo di pistola lo scorso 20 ottobre, si conoscevano? È questa l’ipotesi alla quale starebbero lavorando sin dai primi giorni seguenti al delitto gli inquirenti, monitorando le utenze telefoniche della vittima.
Una tesi che non cambia i fatti: il pensionato – secondo gli ultimi accertamenti – avrebbe sparato al 22enne albanese colto sul fatto nella cucina della sua casa, in piena notte, scalzo e con i calzini infilati nelle mani. Per rubare, sì, e del resto i furti non erano una novità per Gjonj. Ma tra gli amici c’è chi azzarda che la vittima avrebbe vantato un credito nei confronti di Sicignano per lavori non pagati e per questo sarebbe andato nell’abitazione del pensionato a “prendersi il dovuto”. Una tesi sostenuta anche da alcune testate albanesi, sinora non suffragata da alcuna prova.
A precisa domanda l’avvocato della vittima, Teodor Nasi, del foro di Monza, non smentisce : «I processi si fanno in aula», spiega laconico. Un’affermazione aperta a tutte le ipotesi, compresa quella di una buona carta da giocare al processo (se ci sarà). Dal canto suo Sicignano ha raccontato di essere stato più volte in Albania ma non ha mai detto di aver conosciuto Gjonj. Il legale del pensionato, l’avvocato milanese Antonella Pirro, prende le distanze dall’ipotesi: «Non ne so nulla ma credo proprio che il mio cliente me ne avrebbe parlato. In ogni caso ora glielo chiederò».
Intanto, sul fronte delle indagini, gli ultimi accertamenti confermerebbero il racconto di Sicignano, che – durante gli interrogatori successivi al delitto – ha affermato di aver esploso il colpo di Colt calibro 38 regolarmente detenuta dentro casa, spaventato dal 22enne che sembrava impugnare un’arma (in realtà era una torcia). Determinanti per scardinare l’ipotesi iniziale degli investigatori – il colpo esploso da una finestra mentre il ladro si trovava ancora sulle scale della villetta, dove fu trovato il cadavere – gli accertamenti svolti dal Ris e gli esiti della autopsia. Il reparto scientifico dell’Arma ha dimostrato che sull’ogiva del proiettile esploso trovata nella cucina dell’abitazione erano presenti tracce del dna del giovane.
L’autopsia, effettuata da un medico consulente del pubblico ministero, ha accertato che il proiettile ha sfiorato il cuore della vittima nella zona dei grossi vasi, attraversando il corpo. Un colpo non immediatamente letale: il 22enne ha avuto il tempo per uscire dalla cucina e raggiungere le scale esterne dove poi è deceduto. Dopo il deposito della relazione del Ris e del medico legale e gli esiti delle prove balistiche gli inquirenti potrebbero derubricare l’accusa. «Non avevo alcun dubbio sul fatto che il mio cliente dicesse la verità sull’accaduto. Il signor Sicignano è una persona genuina – dice l’avvocato Pirro – Ho scelto espressamente di non espormi mediaticamente proprio in attesa della conclusione delle indagini: mi aspettavo che rispecchiassero quanto raccontato dal mio cliente. Archiviazione? Ora attendo che mi sia notificato l’avviso di fine indagini».