Brugherio: una targa per il giudice Guido Galli ucciso dai terroristi, 43 anni dopo

Cerimonia a Brugherio per la scopertura della targa dedicata alla vittima del terrorismo, nella sala a lui dedicata dal 1980.
La targa per Guido Galli a Brugherio
La targa per Guido Galli a Brugherio Monica Bonalumi

Il giudice Guido Galli è stato ucciso il 19 marzo 1980 all’Università di Milano da tre terroristi di Prima Linea pochi minuti prima che iniziasse una lezione di criminologia, due giorni dopo il consiglio comunale di Brugherio gli ha intitolato all’unanimità l’aula consiliare: sabato 22 aprile 2023, l’amministrazione ha posato una targa che ricorda la decisione dell’assemblea che ha reso omaggio “ad un uomo che ha pagato con la vita il suo impegno per la legalità ed il suo ancoraggio ai valori della Costituzione”.

Brugherio, Guido Galli, il figlio del giudice

La targa per Guido Galli a Brugherio
La targa per Guido Galli a Brugherio

Alla sobria cerimonia ha partecipato Giuseppe, uno dei cinque figli del giudice, che all’epoca dell’assassinio aveva 12 anni: «Sono toccato – ha affermato – non sapevamo che quest’aula fosse dedicata a nostro padre. Ci riempie di orgoglio perché uno dei messaggi che ha lasciato è l’importanza che le decisioni vengano prese in modo democratico». Quel giorno ha devastato una famiglia «che viveva in modo normale»: «Papà era magistrato e docente – ha raccontato – eppure era sempre presente e non è mai mancato a una nostra partita di calcio o a un saggio. È diventato un personaggio pubblico dopo la sua morte».

Brugherio, Guido Galli, i giorni terribili

La targa per Guido Galli a Brugherio
La targa per Guido Galli a Brugherio

Guido Galli è stato ammazzato perché da poco aveva terminato l’istruttoria del processo contro il terrorista rosso Corrado Alunni. Era uno dei giudici più aperti al dialogo, autore di libri sull’importanza della rieducazione della pena e, paradossalmente, proprio per questo è stato colpito: «Il volantino con cui Prima Linea ha rivendicato l’omicidio – ha commentato il figlio – sembra un elogio». Il 1980, ha aggiunto, è stato forse il più drammatico tra gli anni di piombo: pochi giorni prima di quel 19 marzo erano stati compiuti altri due omicidi, due mesi dopo è toccato a Walter Tobagi. Eppure proprio in quell’anno, anche grazie ai primi pentiti, il terrorismo ha iniziato a sgretolarsi. «La cosa bella – ha notato – è che è stato sconfitto con gli strumenti democratici, come avrebbe voluto nostro padre, non come è avvenuto» in altri paesi.

Il terrorismo, ha proseguito, non ha solo stravolto la vita di tante famiglie, ma ha provocato un danno alla società che ha perso molte persone che avrebbero potuto fornire un enorme contributo a livello politico e istituzionale. In quel clima hanno avuto un ruolo particolare le mogli delle vittime: «Nostra mamma – ha spiegato Giuseppe – è stata una figura fondamentale perché ha avuto la capacità di farci crescere senza mettere sul piedistallo il papà, senza rancore e senza odio. Ha saputo darci un senso di tranquillità e di armonia. Non dobbiamo dimenticare le vedove che hanno saputo uscire da situazioni drammatiche».

Lo spirito con cui ha affrontato l’assassinio del marito traspare nella lettera scritta di getto ai terroristi: «La luce del suo spirito – si legge – brillerà sempre annientando le tenebre nelle quali vi dibattete».

Brugherio, Guido Galli, i verbali del 1980

La sala di Brugherio, con tutta probabilità, è stato il primo luogo pubblico dedicato a Guido Galli: l’iniziativa è partita dall’allora capogruppo del Pci Maurizio Sioli, capo ufficio stampa del Comune di Milano, che aveva lavorato con lui. Gli era bastato telefonare ai colleghi degli altri partiti per raccogliere il loro consenso: le sue parole, nei verbali della seduta del 21 marzo 1980, sono state lette dal sindaco Marco Troiano. L’intitolazione serviva a «chiudere ogni spazio nei confronti del terrorismo e onorare una figura che si è battuta» contro una concezione che aveva «fatto troppi danni» nel Paese. Era anche il segnale con cui la città provava a «reagire» e, come affermato dal primo cittadino comunista Giuseppe Cerioli, a «far sentire ai magistrati e alle forze dell’ordine che siamo con loro e non li lasceremo soli».