Trent’anni dopo la strage di via D’Amelio in cui morì il giudice Paolo Borsellino, Regione Lombardia ha ricordato l’anniversario con un intervento di Monica Forte, in cui la presidente della commissione Antimafia invoca un fronte unico e compatto dello Stato.
Borsellino, 30 anni dopo via D’Amelio: «Estirpare la pianta malata delle mafie»
“È necessario dimostrare con i fatti, giorno dopo giorno, che lo Stato ha la sincera intenzione di estirpare la pianta malata delle mafie sin dalle radici più profonde e questo obiettivo deve passare necessariamente dalla ricerca di quelle verità che ancora mancano – ha detto Forte – Sono passati 30 anni dal quel 19 luglio del 1992, 57 giorni dopo Giovanni Falcone. È uno strano Paese il nostro. Un Paese che sembra condannato a vivere senza verità. Dove chi sceglie, ancora oggi, di lottare contro la mafia si condanna alla solitudine. Paolo Borsellino ha vissuto uno Stato governato da compromessi insuperabili. È stato abbandonato in un territorio nemico. Non è stato ascoltato e quando ha enunciato pubblicamente il nome, il volto, il pericolo di Cosa nostra, è stato liquidato e accusato dell’ambizione tipica, dicevano, dei professionisti dell’antimafia. Invece era un giudice, voleva essere solo un giudice nell’accezione più alta, ha scelto di difendere la Costituzione, lo Stato, il diritto, l’Integrità, l’onestà, sapendo che quella resistenza avrebbe chiesto un sacrificio enorme”.
Borsellino, 30 anni dopo via D’Amelio: «Intensificare le iniziative»
“Dopo l’uccisione dell’amico e collega Giovanni Falcone, Borsellino sapeva che l’avrebbero ucciso e chiedeva tempo. “Ho bisogno di tempo prima che mi uccidano”, ripeteva in quei giorni. Noi di quanto altro tempo abbiamo bisogno per restituire ai familiari e al Paese tutto, soprattutto ai giovani, quelle verità che mancano da più di 30 anni, verità ancora scomode, attuali, pericolose, tanto da chiudere cassetti e bocche? Possiamo veramente sentirci a posto con la coscienza dedicando qualche ora del nostro tempo il 21 marzo, il 23 maggio e il 19 luglio, riponendo qualche corona di fiori e organizzando eventi commemorativi? Tutto questo è importante perché tiene viva la memoria, ma la memoria è impegno teso a migliorare le cose. Gli italiani meritano una politica che punti a governare sulla base di programmi, di valori e di strategie antimafia. Bisogna fare in modo che nell’esercizio dei poteri dello Stato ci siano coesione, coerenza, determinazione, tempestività e non promesse non mantenute, incertezze, tentennamenti o peggio ancora ambiguità. Occorre intensificare la promozione di iniziative di approfondimento culturale e di sensibilizzazione civica sul problema, per perseguire il duplice obiettivo di far capire a tutti la reale portata e la potenziale pericolosità che il potere mafioso e la cultura mafiosa presentano per la società, l’economia, la democrazia, la politica e le Istituzioni, e di favorire una presa di coscienza sempre più profonda sul ruolo del “popolo sovrano” in uno Stato autenticamente democratico : un ruolo di vigilanza e di stimolo nei confronti di quanti operano all’interno delle Istituzioni”.
Borsellino, 30 anni dopo via D’Amelio: «L’importanza di dare il proprio contributo»
“La Nuova Resistenza deve diventare un invito esplicito a battersi per fare in modo che ci sia un fronte unico e compatto dello Stato in tutte le sue articolazioni ed espressioni, un comportamento antimafia serio da parte di tutti, costante e strutturale, individuale e collettivo, che si appoggi su una strategia nazionale ed ognuno di noi deve sentire dentro di sé l’importanza del dare il proprio contributo”.